BLOODSHED WALHALLA – Thor | Aristocrazia Webzine

BLOODSHED WALHALLA – Thor

 
Gruppo: Bloodshed Walhalla
Titolo: Thor
Anno: 2017
Provenienza: Italia
Etichetta: Fog Foundation
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TRACKLIST

  1. Farewell
  2. Thor
  3. Day By Day
  4. And Then The Dark
  5. Tyr
  6. Nine Words
  7. Northwinds
  8. Return
DURATA: 01:10:21
 

L’italianissimo vichingo Drakhen torna più carico che mai, a due anni di distanza dall’insolito e interessante EP “Mather”, su lidi decisamente più scandinavi con “Thor”, disco rilasciato sotto Fog Foundation e che si fa forte di sette epici brani.

L’apertura “Farewell” dà il via alle danze: si tratta di un pezzo solenne dai sapori a metà tra il folk e il sinfonico, ma sempre nello stile tipico del primissimo viking metal, che ci prende con delicatezza per portarci nel mondo tanto caro a Drakhen. La seguente “Thor” è aperta da un gelido riff chitarristico che subito scoppietta in un mondo di richiami che l’ascoltatore di vecchia data ricollegherà ai Bathory di “Hammerheart”, influenza principale della band; lo stile in scream sfruttato dal polistrumentista è inaspettato, un apprezzabile mix tra voce sporca e pulita, per una traccia dall’incedere sempre solenne, e dall’assolo calzante, quasi esaltante; buone anche le tastiere atmosferiche che rievocano situazioni oniriche.

Ci aspetta, poi, la monumentale “Day By Day”, suite di diciassette minuti che a qualcuno potrebbe far storcere il naso solo per la durata. Ma ricrediamoci pure. A un’apertura — invero piuttosto prolissa — dove il suono di un fiume che scorre ci rilassa i sensi, seguono una melodia orecchiabile e un’azzeccata voce narrante. Drakhen ci delizia anche con inserti corali che fanno la parte del leone. Non mancano nemmeno interessanti intermezzi strumentali. Insomma, un brano da ascoltare più di una volta con le sue chicche, che forse avrebbe potuto essere un po’ meno ridondante inizialmente, a voler essere proprio pignoli.

“And Then The Dark” è il quarto pezzo, forte di inserti elettronici inaspettati, e ci propone un approccio più diretto che sa alternare partiture in distorsione con altre più soft e sognanti. “Tyr” è invece un’altra suite di dodici minuti che sfrutta nuovamente elementi ambientali, come la brace scoppiettante, voce narrante e un suono cupo: da notare, nell’apertura, una chitarra lenta e malinconica che mi avvicina con i ricordi, seppur vagamente, al brano “Twilight Of The Gods” dei Bathory; Drakhen ci dona un cantato a tratti trionfante e scorrevole, a tratti più moderato e solenne, con tanto di assolo che per pochissimi secondi sembra ricalcare perfettamente una parte di “One Rode To Asa Bay”.

Anche “Nine Words” risulta interessante, sfruttando — al contrario di quanto mi aspettassi — melodie festose e strumenti che, nuovamente e inaspettatamente, vanno a parare sul versante folk metal, con un andamento sempre solenne, scorrevole e piacevole. Seguono poi i potenti cori di “Northwinds”, dove le linee del cantato si riallacciano alla melodia prodotta dalla tastiera. Infine l’atmosferica “Return” chiude le danze con le onde del mare e una tastiera dalle tinte epiche.

A parere di chi scrive, “Thor” è un lavoro riuscito e raccomandato, in ragione delle influenze che Drakhen dimostra, ancora una volta, di aver saputo assorbire e sfruttare degnamente, assieme alla propria verve di artista. In definitiva, il disco è in grado di far chiudere gli occhi e sognare, di calmare i sensi e — perché no — anche in grado di sorprendere a dovere. Ben fatto.