BOTTOMLESS – Bottomless
Nonostante la vita umana sia tra quanto di più caduco e mortale possibile, alcune cose sono destinate a non avere fine: l’ansia, per esempio, o i molteplici sottogeneri doom da spararci a massimo volume in cuffia mentre piangiamo, o anche la passione per il doom stesso. In questo la nostra redazione ha molto in comune con i Bottomless. Ad essere senza fondo è proprio l’amore per il doom, per cui il nome scelto dal gruppo è in questo senso una vera e propria dichiarazione, di sentimento e di intenti. Dietro al progetto si cela un trio di facce conosciute sia in ambito più o meno underground che tra loro, poiché parliamo degli amici-colleghi Giorgio Trombino (voce e chitarra) e David Lucido (batteria), insieme tra le altre cose in Assumption e Morbo fino al 2016, e Sara Bianchin (basso), nota voce dei Messa e componente, insieme a Giorgio, degli ottimi Sixcircles, già passati sulle nostre pagine qualche anno fa. La band si è formata nel 2016 ma Bottomless vede la luce il 16 luglio di quest’anno.
Con queste premesse non potevamo che accostarci al debutto eponimo del trio a cavallo tra Veneto ed Emilia Romagna con estrema curiosità e, diciamolo, anche aspettative piuttosto alte. I Bottomless scelgono di concentrarsi su un heavy-doom di stampo molto classico, difatti le influenze citate sono, per dire, Saint Vitus, Pentagram e i fondamentali Black Sabbath. Riuscire a prendere giganti del genere come gruppi di partenza e utilizzarli per creare qualcosa di personale che sia anche piacevole diventa sempre più difficile, non è la prima volta che lo diciamo, ma fin dalle primissime note Bottomless si fa voler bene con riff belli ciccioni e ritmi più o meno funerei e teatrali a seconda del brano. Ad esempio, “Monastery”, “Centuries Asleep”, “Bottomless” e “The Talking Mask” si aggirano su bpm sufficientemente lenti da scapocciarci senza rompersi l’osso del collo e melodie decisamente heavy, mentre con “Ash” si approda a un doom più viscerale, con accordi pensati per metterti paura se li ascolti mentre cammini da solo, di notte, al buio: una specie di ballata del male.
Attenzione, compare qui e là perfino qualche lieve riferimento stoner: “Losing Shape” ne è la prova. Il denominatore comune dei brani è la voce, sempre melodica e permeata da un leggero riverbero che la fa sembrare un’eco dal passato. Immagino che lo scopo fosse proprio questo. Dal punto di vista vocale è la traccia bonus “Hell Vacation” a catturare la mia attenzione più delle altre.
Se dovessi trovare una pecca a Bottomless, una sola, sarebbe la durata: l’attenzione comincia a calare verso le ultime battute, ciò non ha comunque nulla a che vedere con la qualità dei brani proposti ma si tratta solo e soltanto di un opinabile appunto in merito alla quantità di carne al fuoco tutta insieme.
Ciò non toglie che i Bottomless abbiano sfornato un debutto che piace, convince e sicuramente farà parlare di sé. Per assimilarlo e goderne da tutte le angolazioni è necessario più di un ascolto, come ho fatto ben volentieri.