D.HATE – L.I.F.E. (Look Into Fear’s Eyes) | Aristocrazia Webzine

D.HATE – L.I.F.E. (Look Into Fear’s Eyes)

 
Gruppo: D.Hate
Titolo: L.I.F.E. (Look Into Fear's Eyes)
Anno: 2015
Provenienza: Ucraina
Etichetta: Metal Scrap Records
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TRACKLIST

  1. Superman
  2. Splitmind
  3. District Hate
  4. Resurrected
  5. F.F.F.
  6. Gentle War
  7. Provocation
  8. Lunacy
  9. X3
  10. Cobra
DURATA: 39:37
 

Sono trascorsi quattro anni da quando ho avuto modo di recensire l'album di esordio degli ucraini D.Hate, "Game With Ghosts" era la più classica delle raccolte di cliché thrash-groove, priva di sobbalzi particolari e di pezzi che riuscissero in qualche modo a tirarsi fuori da una situazione che diveniva sempre più scontata con l'aumentare degli ascolti. Prima di inserire nel lettore questo secondo lavoro intitolato "L.I.F.E. (Look Into Fear's Eyes)", mi sono posto come unica ed elementare domanda se avessero cambiato qualcosa nella loro formula.

Le varie informazioni giunte in mio possesso riguardano il concept sul quale ruotano i brani (vale a dire la continua lotta da parte dell'uomo per superare le paure che incrocerà durante il corso della vita), la produzione svoltasi presso i polacchi e rinomati Hertz Studio e la sezione grafica della quale si è occupato l'artista brasiliano Gustavo Sazes (già al lavoro con Arch Enemy, Morbid Angel e Legion Of The Damned): ma la musica? Eh sì, perché è della musica che ci importa, tuttavia purtroppo lascia ancora una volta a desiderare.

Come avvenuto per l'opera prima, mi ritrovo all'orecchio un gruppo che conosce particolarmente bene le basi del genere proposto, incapace però di districarsi ed esporsi in modo tale da non risultare prevedibile. Una volta premuto il tasto play, appare palese quanto la band faccia continuo affidamento sul fattore impatto, puntando su esecuzioni costantemente aggressive, sulle quali si va a poggiare un cantato forzato, estremo e addirittura in alcuni frangenti in — non poi così utile — pig-squeal. La scaletta mette in mostra tutti i difetti in suo possesso sul lungo corso, poi neanche tanto lungo, pagando dazio a causa della netta carenza di dinamismo e modifiche del tiro in corsa, lasciando un ricordo gradevole — o quantomeno un ricordo — dell'accoppiata composta da "Gentle War" e "Provocation" insieme a "Cobra", episodio nel quale viene aggiunta un po' di atmosfera all'impasto sonoro, mollando la presa.

In conclusione, i D.Hate sono da sei sbiadito in pagella, indiavolati e incazzati, ma pronti a sparare perlopiù a vuoto: purtroppo è troppo poco, davvero troppo poco quello che quest'ultimo lavoro ha da offrire. Al prossimo giro la formazione si troverà ad affrontare il banco di esame della terza pubblicazione, quella considerata della maturità, e per il sottoscritto ha ben poche possibilità di superarlo.