DARKRISE – Realeyes
Gruppo: | DarkRise |
Titolo: | Realeyes |
Anno: | 2013 |
Provenienza: | Svizzera |
Etichetta: | Great Dane Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 41:03 |
Gli svizzeri DarkRise sono al secondo giro su Aristocrazia, era il 2010 quando il sottoscritto scrisse della terza uscita di lunga durata intitolata "Built" e torna ora a raccontarvi di loro, dato che si trova fra le mani il quarto capitolo discografico "Realeyes". La squadra di martellatori non ha perso il suo tocco e ha lavorato per affinare le doti presenti nei dischi precedenti, parlo di quella robustezza e quella forma canzone ben delineata — pur non evitando una serie di déjà vu notevoli — che li hanno messi comunque in condizione di assestare delle oneste mazzate.
La buona dose di groove, la discreta tecnica e la base muscolare trainano un album che nei piacevoli solismi insiti in "Etre Ou Ne Paraître", nei cambi di tempo repentini di "God Perversion" e nell'apertura dal gusto mediterraneo di "Foeticide" (brano nel quale si esibisce il bouzouki) trova dei puntelli che provano — e in parte riescono — a scongiurare una staticità da botta dritta in faccia che pare ancora essere parte integrante del vissuto di questa band. Ciò che intendo dire è che i DarkRise svolgono il proprio compito bene, non hanno delle debolezze effettive né fanno denotare svarioni particolari nell'esposizione delle loro idee, soltanto non vi è quel guizzo vincente che permetta a una formazione dalle buone capacità di divenire qualcosa di più.
A riprova del fatto che abbiano voluto fornire a questa nuova opera una visione più completa possibile, c'è la scelta dei partner a supporto, iniziando dal signor Kevin Talley dietro le pelli. Il tocco del batterista e motore perpetuo che sa infilare il pepe in culo a chiunque è riconoscibile e, pur non bastando a cambiare la situazione, dà una mano ai brani che ne ricevono vantaggio. Per quanto concerne la cura dietro al mixer e per la sezione artistica, i ragazzi hanno optato rispettivamente per una collaborazione con gli Hertz Studio di Białystok (e si sente: pulizia e suoni un po' alla polacca) e con Niklas Sundin: anche in questi casi i contributi sono evidenti, tuttavia non incidono sul valore primo da tenere in considerazione, cioè la musica.
Come successo in precedenza con "Built", gli Elvetici si confermano nuovamente affidabili, pesanti e una volta inseriti nello stereo la scapocciata è garantita. In loro compagnia gli appassionati senza troppi grilli per la testa e gli adoratori della brutalità death avranno solo di che divertirsi. Zero pretese, molte randellate.