DARKTHRONE – Arctic Thunder
Vicini ai trent'anni di carriera, i Darkthrone non mollano il colpo e continuano a sfornare dischi di qualità, forti di un nome leggendario e dell'assoluta libertà compositiva di cui godono. Dopo un album dalle spiccate sonorità speed-thrash come l'ottimo "The Undreground Resistance", i Nostri tornano a flirtare prepotentemente con il classico black metal che hanno contribuito a creare. Le sonorità del nuovo "Arctic Thunder" infatti ricordano molto i dischi della seconda parte di carriera ingiustamente sottovalutati, come "Ravishing Grimness", "Hate Them" e "Sardonic Wrath".
Riffing di chitarra ruvido e gelido come ai vecchi tempi, atmosfere opprimenti e la trionfante voce di Nocturno Culto a primeggiare. La differenza è nella batteria, decisamente meno sparata e più in linea con il classico heavy metal. L'alternanza al microfono (partita da "Dark Thrones & Black Flags") è ora alle spalle: il buon Ted Skjellum è tornato ad impadronirsi di tutte le voci del disco, scelta coerente con il sound duro e decadente delle otto tracce, la cui composizione è comunque equamente divisa tra i due componenti.
Nelle consuete interviste di complemento, Fenriz ha dichiarato che nella realizzazione di questo album è stato fortemente influenzato dal doom e da un certo tipo di metal dai ritmi lenti. E infatti, a contrasto con lo speed un po' caciarone degli ultimi anni, le canzoni da lui firmate procedono più lentamente, con riff massicci e pesanti, come l'apertura "Tundra Leech" e la traccia che porta il titolo dell'opera. Le canzoni di Culto invece spiccano per velocità e intensità, come l'irresistibile galoppata di "Burial Bliss" e il mid-tempo dai sapori melodici di "Deep Lake Trespass". Peccato per la chiusura affidata alla terribile "Wyoming Distance", una canzone che sembra scritta e suonata in cinque minuti, buttata lì giusto per far numero.
"Arctic Thunder" è semplicemente un disco dei Darkthrone, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Chi li ha sempre amati continuerà a farlo e non rimarrà deluso; chi li ha sempre odiati non si ricrederà di certo con questo album; mentre chi è rimasto al pensiero nostalgico degli anni '90 dovrà rassegnarsi e cercare altrove.