DAWN OF WINTER – In The Valley Of Tears
I Dawn Of Winter sono una band un po' sfigata. Nel corso degli anni ho letto molte volte di loro, spesso descritti — in maniera forse un tantino esagerata — come inutili, superflui e buoni come fermacarte.
La ristampa del primo album "In The Valley Of Tears", a opera della I Hate Records, mi fornisce l'occasione per rendere un po' di giustizia al lavoro realizzato dai Tedeschi, quantomeno a titolo personale. L'opera è peraltro ottimamente corredata da un secondo disco, che contiene gli ep "The Skull Of Sorcerer" (2012) e "Slow Is The Suffering" (2001), insieme al demo "In Servitude To Destiny" (1996).
La formazione capitanata da Gerrit P. Mutz (Sacred Steel, Battleroar e Angel Of Damnation) non si è mai proposta, né ha mai voluto farlo, con l'intenzione di apportare chissà quale novità al mondo Doom Metal. Le tracce sono difatti un puro omaggio ai padrini Black Sabbath, passando per il territorio di Candlemass, Pentagram, Saint Vitus e Solitude Aeturnus, attingendo dalla fonte N.W.O.B.H.M. di Witchfinder General e Angel Witch; senza tralasciare il lato epico, che potrebbe farvi pensare in più di una circostanza anche a un'influenza dei Manilla Road.
La serie di nomi sin qui enunciata non è solo corposa di numero, è altrettanto ingombrante per ciò che concerne la direzione musicale e il peso stilistico. La sensazione di déjà vu è innegabile e ripetuta, tuttavia ai fini dell'ascolto non poi così disdicevole. Le canzoni palesano una natura standard e il riffing potrà anche essere — correttamente — considerato prevedibile. Questi signori d'altro canto hanno da sempre avuto come unico obbiettivo la venerazione dell'essenza più pura del Doom, anche a costo di sembrare banali, evitando l'utilizzo di orpelli superflui. Al contrario i Nostri puntano sul buon uso di melodie e atmosfere innegabilmente più scure e opprimenti, e sul cantato di Gerrit, che li guida con carattere coinvolgente ed evocativo, pur viaggiando su registri decisamente meno acuti di quanto avviene normalmente con i Sacred Steel.
Lo sforzo per dare nuova vita a "In The Valley Of Tears" non è stato sprecato e l'ora piena aggiuntiva di musica potrebbe rendervi ancora più interessante la conoscenza dei Dawn Of Winter. Se siete sfegatati fruitori del genere, dovreste concedere almeno una chance al gruppo.