DAWOHL – Leviathan
I Dawohl sono un’entità pressoché sconosciuta formatasi a Mulhouse, nell’est della Francia, nell’ormai lontano 2009, ma che in tredici anni di vita aveva pubblicato soltanto l’EP Potestas.Ratio.Iustitia (2014). Fino ad ora. Il 2022 vede finalmente l’uscita di un album, seppur di appena ventotto minuti e spicci, che si spera possa mettere fine alle turbolenze e instabilità in seno alla band, che in un decennio ha cambiato più volte tutti i propri componenti a eccezione del cantante Maxime Guillemain.
Leviathan parte col botto, e i Dawohl si inseriscono a pieno diritto in quel filone death metal moderno, incentrato sui riff e dalla produzione molto pulita che fa riferimento ai Behemoth di Demigod o ai Vader di Litany. Tolta una breve intro, il quartetto d’oltralpe non si ferma mai, e inanella una serie di brani brevi e densissimi, decisamente ispirati e con una discreta varietà compositiva, tra qualche assolo ben fatto e qualche breakdown coatto. La durata contenuta aiuta a non (far) perdere la concentrazione, e pur senza reinventare la ruota tutto l’album scorre dall’inizio alla fine in un turbinio di riff granitici, blast-beat triggerati e growl pompatissimo che funzionano senza riserve.
Lontani dal revival old school degli ultimi anni, i Dawohl sono forse proprio per questo approccio spesso etichettati in maniera superficiale come una band brutal, ma non aspettarti cose da Lacerated Enemy o Unique Leader. Leviathan è un album violento e brutale, ma ha ben poco a che vedere coi Disgorge di turno, e nonostante la sua furia e la sua densità riesce a essere fruibile senza grosse difficoltà.
Un aspetto su cui il gruppo deve ancora lavorare sono i testi, un po’ troppo sempliciotti e in evidente difficoltà con l’inglese, ma è un difetto che non mina il risultato finale se non superficialmente. Ponendo qualche attenzione maggiore nei dettagli e magari osando qualcosa in più, provando a uscire un po’ dal seminato, i Dawohl avrebbero tutte le carte in regola per farsi notare.