DEAD SUMMER SOCIETY – …So Many Years Of Longing…
Gruppo: | Dead Summer Society |
Titolo: | …So Many Years Of Longing… |
Anno: | 2015 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Rain Without End Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 01:06:02 |
Aristocrazia ha seguito il ritorno in scena di Mist, sia con Dead Summer Society che con il suo alter ego Ambient Last Winter I Died. Torniamo a parlare del progetto principale in occasione dell'uscita del suo secondo album, che ha visto la luce a tre anni di distanza dal suo predecessore.
La copertina e il libretto, costituiti da immagini in bianco e nero che sembrano provenire da tempi lontani, ci introducono in un mondo simile a quello ricreato in "Visions From A Thousand Lives": le fondamenta di questa realtà si possono ritrovare in un Doom Metal dalle atmosfere fortemente ispirate al Gothic, nel quale talvolta si incontrano incursioni in territori Death e Black. La ricetta non è assolutamente niente di nuovo, non ci sono ingredienti rivoluzionari, ma il risultato è assolutamente personale e mette ancora una volta in mostra lo stile inconfondibile del musicista molisano. Punto di forza indiscusso rimangono le sei corde, elemento quasi onnipresente che riesce a raccontare anche più delle parole le sensazioni rappresentate in maniera altrettanto espressiva nel lato grafico del disco. Troverete quindi chitarre distorte e non alternarsi: le prime atte a donare forza alle atmosfere nostalgiche che specialmente nei momenti orientati al Doom più cupo (come alcuni passaggi di "Shatters" e "Desperate Sun") assumono tonalità decisamente grevi, le seconde a dare un tono più intimista alla proposta. L'unione di questi due aspetti porta a brani quali "Coldness Gods", "A Winter Day" e "Stalemate", in cui le capacità compositive di Mist vengono esibite al meglio grazie a riff sempre adatti alla gamma di emozioni ricreata che — pur essendo sempre legata a una certa malinconia di fondo — risulta più vasta di quanto possa apparire a un primo ascolto. Il disco è in effetti costituito da un continuo gioco di luci e ombre, dove gli aspetti più chiari sono fondamentali per l'esistenza di quelli bui; questi continui scambi tra bianco e nero danno inoltre l'idea di provenire da tempi remoti, impressione rafforzata dalla presenza delle tastiere che sembrano voler aggiungere un sapore di antichità all'album.
Nonostante i brani siano impostati per dare più rilevanza al lato strumentale, gli artisti che hanno prestato la propria ugola a questo lavoro rendono evidente la cura dedicata anche a questo ambito: la collaborazione con Trismegisto viene confermata sia dal suo scream che dalla voce pulita, mentre le novità sono i growl di James Hawkins — membro degli As Autumn Calls e proprietario dell'etichetta che pubblica questo disco — e di Tim Rowland dei Woccon, quest'ultimo sfruttato anche per un passaggio in spoken word; per quanto riguarda le voci pulite, troviamo la partecipazione dell'ex (EchO) Antonio Cantarin, di Graziana Oddo dei Rètina e di Ann-Mari Thim, nota per aver fatto parte degli Arcana. Un numero non indifferente di cantanti, che però non è stato sfruttato al massimo: non che gli interventi vocali siano fuori luogo o eseguiti male, ma in alcuni casi falliscono nel lasciare un segno importante, finendo per essere relegati a elemento di supporto; ciò vale principalmente per le harsh vocals, mentre pezzi come "State Of Waiting" e "Stalemate" dimostrano la maggiore efficacia dei componenti femminili.
Veniamo dunque alla sezione ritmica, costituita dalla prestazione senza nè infamia nè lode di Roberto Alfieri e da una batteria elettronica che — come nel disco precedente — risulta il piccolo punto debole di questo album. La programmazione è buona, sia le accelerazioni che le parti più lente sono ben studiate, ma la musica viene comunque penalizzata a causa di un'eccessiva staticità dei suoni che poco si sposa con il continuo variare di emozioni che Mist vorrebbe e comunque riesce a esprimere, seppur non al massimo delle proprie possibilità.
"…So Many Years Of Longing…" conferma le potenzialità di questo progetto e le abilità della sua mente, riuscendo a migliorare alcuni elementi rispetto al debutto. Spesso si dice che il terzo album sia quello della maturità, tuttavia penso che il personaggio che muove le corde di Dead Summer Society sia tutt'altro che acerbo; ci sono certamente alcuni difetti che danno un senso di prodotto underground e amatoriale che non è necessariamente dannoso — tanto più che il risultato è comunque ben oltre la soglia della sufficienza — ma che sembra in un certo senso limitare ciò che Dead Summer Society potrebbe realmente diventare. Piuttosto che il disco della maturità, quindi, auguriamo a Mist di avere le possibilità per rendere ancora migliore la sua personale creatura musicale.