DEAD WITCHES – The Final Exorcism
All’interno del panorama doom, Mark Greening non è certamente uno sconosciuto: la sua (altalenante ma sostanziale) militanza negli Electric Wizard e la sua presenza negli (almeno in apparenza) attualmente letargici Ramesses sono motivi già più che sufficienti per aspettarsi sempre belle cose dai dischi in cui è coinvolto. Nei Dead Witches lo avevamo già visto all’opera con il debutto Ouija e ora, due anni dopo, lo ritroviamo nuovamente dietro le pelli del quartetto britannico a suonare in The Final Exorcism, con Oliver Hill subentrato dopo il suicidio di Greg Elk e Soozi Chameleone a sostituire Virginia Monti. Ovviamente, nemmeno sarebbe necessario dirlo, ci troviamo di nuovo tra le mani un album estremamente ispirato e di enorme qualità.
Dopo la breve introduzione cinematografica di “There’s Someone There”, probabilmente estratta da una qualche pellicola horror di dubbio gusto, i Nostri ci spiegano ancora una volta come suonare stoner-doom, risultando estremamente convincenti, pur senza uscire di una virgola dal seminato e ricalcando tutti i cliché stilistici e concettuali del genere. Pezzi quali “Goddess Of The Night”, “Lay, Demon” e “Fear The Priest” sono dei concentrati mefitici di allucinate chitarre settantiane, pesanti e ricoperte di distorsioni grassissime, le quali non fanno altro che portare in trionfo un apparato atmosferico lento e venefico, intriso fino al midollo di quella psichedelia oscura che si nutre di fumi acidi e sinuose movenze necromantiche. La voce di Soozi, oltretutto, si destreggia magnificamente tra le spire di queste sonorità, conferendo un consistente valore aggiunto, e risultando sì languida e stregonesca, ma anche potente e ficcante all’occasione. Strutture ritmiche ipnotiche ed estrose ci accompagnano all’interno di questo caustico ed evocativo concentrato di suoni saturi fino alla nausea, creando infine un album tanto maligno quanto coinvolgente a base di corrosive suggestioni occulte e lisergici trip demoniaci.
Potrebbe risultare particolarmente straniante la presenza di un episodio come “When Do The Dead See The Sun”, un intermezzo di stampo puramente psichedelico che non sfigurerebbe affatto all’interno di una raccolta di brani registrata nel 1969 a Woodstock. Proponendosi forse come una pietosa boccata d’aria a metà del lavoro, questo pezzo è tuttavia soltanto una piccola parentesi di breve durata prima di una nuova immersione nel fetore oscuro degli inferi di “The Church By The Sea”: una vera e propria marcia di rancido livore occulto che inghiotte l’ascoltatore, trascinandolo in quegli abissi popolati da mostruosi abomini non morti e turbinanti di inquietante e completa follia. Un lavoro che, nella propria interezza, ha evidentemente il compito di sbriciolare la nostra sanità mentale e sostituirla con un apocalittico caleidoscopio di allucinazioni e incubi, cosa che avrà sicuramente come effetto primario quello di far risparmiare chiunque sulla spesa per la droga.
The Final Exorcism è un album che a conti fatti non aggiunge assolutamente nulla al genere cui appartiene, ma invero ne esalta all’ennesima potenza i punti di forza, creando un’apposita appendice al manuale che insegna come suonare stoner-doom psichedelico e demoniaco, trovando il miglior equilibrio possibile tra il più classico e largamente abusato immaginario horror, la giusta spinta catchy e una pesantezza esacerbata all’infinito. Un’opera che trasuda ispirazione da ogni poro, un corrosivo e blasfemo monumento a un certo modo di intendere questo specifico filone musicale. La classe non è davvero acqua (santa), ma è più probabilmente una formula acida che, una volta inalata, vi farà sentire estremamente soddisfatti e realizzati nel vedere la vostra materia cerebrale liquefarsi, la vostra pelle annerirsi e le vostre spoglie marcescenti alzarsi per seguire le oscure e superiori volontà di queste Streghe Morte.