Diary Of Dreams - Melancholin | Aristocrazia Webzine

DIARY OF DREAMS – Melancholin

Gruppo: Diary Of Dreams
Titolo: Melancholin
Anno: 2023
Provenienza: Germania
Etichetta: Accession Records
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TRACKLIST

  1. Mein Werk Aus Zement
  2. The Secret
  3. Viva La Bestia
  4. Gedeih & Verderb
  5. My Distant Light
  6. The Fatalist
  7. All Is Fragile
  8. Beyond The Void
  9. Welt Aus Porzellan
  10. Tränenklar
DURATA: 52:03

I Diary Of Dreams sono una creatura enigmatica: nati dalla mente del cantante-chitarrista Adrian Hates, hanno percorso gli anni ’90 imponendosi con album quali Psychoma? e One Of 18 Angels come realtà dedita a un electro-industrial piuttosto sperimentale affine a nomi come Diorama o Umbra Et Imago, basato sulla voce suadente di Adrian e su melodie ricercate e rarefatte. Con il passare degli anni il percorso artistico li ha portati verso una darkwave più semplice e ballabile, con una certa inclinazione per sonorità più dure. L’ultima fatica discografica Hell In Eden risaliva addirittura al 2017 e il lungo silenzio seguente, sommato ai disastrosi effetti della pandemia sulla professione del musicista, lasciava temere un addio alla produzione di nuovo materiale per questi veterani della scena.

Per nostra fortuna l’inizio del 2023 è stato invece il momento del ritorno con il singolo apripista “The Secret” e a breve distanza l’album completo intitolato Melancholin. La opener “Mein Werk Aus Zement” chiarisce ogni dubbio: sei anni non sono bastati a scalfire la solidità della proposta musicale di Hates e compagni; che pur essendo a tutti gli effetti mastermind, produttore e polistrumentista, si circonda di altri tre elementi per i concerti e per completare le proprie canzoni. Le sonorità si sono lievemente e ulteriormente indurite, tanto che brani come “The Fatalist”, “Gedeih & Verderb” o il già citato “The Secret” potrebbero essere i più veloci mai proposti sotto il nome di Diary Of Dreams, sconfinando nel territorio delle driving song di matrice synth-pop. In generale, tutte le dieci canzoni sono percorse da un afflato vagamente synthwave, meno intimista e più up-beat, con momenti tipicamente EBM che non sfigurerebbero nella tavolozza di gente come Colony 5 o Rotersand. Spicca invece dall’altro lato dello spettro la ballata “All Is Fragile”, caratterizzata da melodie in modo maggiore e da un andamento tipicamente pop.

Ciò che invece resta fortunatamente immutabile è la voce profonda di Adrian e la poesia che permea ogni singolo verso del disco. Cantando in inglese o in tedesco, bilinguismo presente fin dall’inizio della storia del gruppo ma assente su Hell In Eden cantato interamente in inglese, le melodie di Melancholin sono esattamente come ci si aspetta dai Diary Of Dreams: suadenti, liriche e struggenti. Non c’è salvezza in queste canzoni, non c’è redenzione, come nel quasi omonimo film di Von Trier: siamo in balìa delle nostre stesse debolezze («The monster is me», come ripete il ritornello di “Viva La Bestia”), fragili, deboli, illuminati da una luce pallida e diafana mentre l’Apocalisse incombe, e gli unici sprazzi di effimera felicità che ci possiamo concedere sono frutto di alterazioni chimiche.

Nonostante ogni canzone sia perfettamente fruibile da sola, il modo migliore per accostarsi a Melancholin è ascoltarlo tutto di un fiato, consentendosi un’immersione profonda nel mondo cupo e cinico di Hates, passando dall’incipit quasi cinematografico di “Mein Werk Aus Zement” attraverso tutto il caleidoscopio di sfumature di malinconia, fino al culmine di disperazione della conclusiva “Tränenklar”, un lento addio funebre e definitivo senza un Paradiso, ma i cui ultimissimi secondi recitano «Wach auf!», tedesco per «svegliati!». Si emerge come da un sogno, triste ma liberatorio come un pianto di sfogo, rinfrancati e ripuliti. Una volta di più i Diary Of Dreams hanno compiuto la loro magia, giù il cappello.