Di'Aul - Abracamacabra | Aristocrazia Webzine

DI’AUL – Abracamacabra

Gruppo: Di’Aul
Titolo: Abracamacabra
Anno: 2022
Provenienza: Italia
Etichetta: MooDDooM Records
Contatti:  Facebook  Youtube  Bandcamp   Spotify  Soundcloud
TRACKLIST

  1. Thou Crawl
  2. This Quiet
  3. Abracamacabra
  4. De Profundis
  5. The Losers River
  6. La Notte Di Valpurga
  7. Time Of No Return
DURATA: 43:40

«Sette storie, sette personaggi, una madre: l’Universo. “Abracamacabra” è la sublimazione del fallimento e della perdita. In un mondo in cui tutti i re sono dei buffoni, la mente cerca il lato sbagliato della ragione e ogni cosa che costruiamo collassa.»

Questo affascinante incipit accompagna il ritorno dei lombardi Di’Aul con il quinto album intitolato Abracamacabra, pubblicato da MooDDooM Records. Fedelissimi alla linea doom-sludge che li ha già contraddistinti nei precedenti lavori, i quattro diavoli non cedono il passo né alle mode né ai compromessi. Il loro sound resta ruvido, sporco, cattivo, ma soprattutto innegabilmente onesto. Servirà armarsi di grande coraggio per discendere negli inferi raccontati dal gruppo, che non indora la pillola o romanza i fatti, né ha paura di raccontare quanto di terribile ci sia nella nostra normalità.

Innanzitutto, dobbiamo fare i conti con un’estetica decisamente più curata, complessa ed evoluta rispetto al passato. L’artwork dei precedenti lavori mostrava palesi richiami alla cannabis, irrinunciabile icona dello stoner rock, così come paesaggi desolati e misteriosi, sia onirici che reali. La copertina di Abracamacabra, opera di Francesca Vecchio (fv_illustration), punta invece a condensare in un’unica immagine tutte le sfaccettature della band. Ora il viaggio psichedelico non è un’ostentazione, bensì un suggerimento, o forse, addirittura, una scelta del tipo di mezzo con il quale affrontare l’imminente discesa.
Vengono quindi gli incubi, ricchi di simbologie, e poi c’è l’immancabile capro, il diavolo, che si erge come un guardiano silenzioso e occulto al passaggio che conduce al suo regno infernale. Questo diavolo però non strepita, non inveisce, né minaccia apertamente, tuttavia costringe chiunque passi per la sua soglia ad affrontare il suo sguardo, e così facendo impone a tutti di guardarsi dentro. Inizia in questo modo la discesa nell’abisso.

La formula compositiva che viene presentata in Abracamacabra risulta, parimenti all’estetica, più complessa di quello che appare inizialmente. I riff di Lele (Daniele Mella) sono come una nebbia sonora che avvolge, stordisce e ottunde, mentre batteria (Andrea Ornigotti aka Rex) e basso (Carlo Tomaiuolo aka Jeremy Toma) evocano i rintocchi e tutti i rumori terribili che l’eco porta dagli anfratti più bui e nascosti. In aggiunta a ciò, la gravissima linea vocale di MoMo (Cosimo A. Cinieri), così bassa e rauca da essere quasi growl, trasuda un dolore e rancore talmente vividi da lasciare sgomenti.

L’impatto è quindi decisamente ostico, a tratti persino ostile, comunque sufficiente a giustificare a chiunque l’abbandono del viaggio. Come si distoglie lo sguardo da una visione spiacevole e dolorosa, sarebbe umano tornare sui propri passi e abbandonare l’ascolto, eppure in mezzo a questa nebbia si può udire anche qualcos’altro. Un’eco, un lamento, così struggente e puro da non poter essere ignorato. Un’angoscia talmente intima da farci rendere conto che non è un’emozione esterna, estranea, ma qualcosa che alberga già in noi. Quel Di’Aul, così spaventoso, è parte di noi.

La discesa comincia con il primo singolo presentato al pubblico, cioè “Thou Crawl”, e narra la disperazione della perdita dell’amore: l’atmosfera e le emozioni racchiuse nel brano sono ben incorniciate nel video ufficiale girato da Michele Canavari e con la partecipazione di Alice Azzarelli. Viene poi “This Quiet”, che affronta il tema del fallimento e del rimorso, per poi arrivare subito alla title track “Abracamacabra”, la quale può essere definita con due semplici parole: brutalmente onesta. Profughi? Guerra? Il testo ermetico non si lascia svelare facilmente e ogni ascolto necessario a capirlo è una pugnalata sempre più profonda. Proseguendo oltre in questo traumatico viaggio, troviamo lo sgomento di “De Profundis” e la perdita della ragione di “The Losers’ River”, fino alla perdita del controllo nella sua forma più distruttiva, con la potentissima “La Notte Di Valpurga”. Infine, il colpo di grazia, la totale consegna all’oblio di “Time Of No Return”.

Quello dei Di’Aul è uno stoner-doom con forti tracce di sludge nei suoni e funeral nei temi, un’alchimia davvero tanto estrema quanto consapevole di esserlo. Abracamacabra è stato registrato all’Angelo Studio di Garlasco (PV) e mixato da Marco Barusso (Lacuna Coil, Coldplay, Thirty Seconds To Mars, Heavy Metal Kids) al BRX studio di Milano, mentre Marco D’Agostino si è occupato della masterizzazione al 96Khz Studio di Milano.