DIE SÜNDE – Die Sünde
Gruppo: | Die Sünde |
Titolo: | Die Sünde |
Anno: | 2020 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Autoprodotto |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
|
|
DURATA: | 23:56 |
«Il peccato, l’essenziale forma di ribellione verso l’esile convinzione di perfezione. Il buio ci accomuna, e questo non è nient’altro che lo specchio dei vostri tremori.»
Prima di trovarmi davanti la possibilità di recensire il debutto omonimo dei Die Sünde (il peccato, in tedesco) avevo già dato un ascolto all’EP di questi padovani, rimanendone particolarmente colpito. Perché dire Die Sünde equivale a dire mazzatone figlie della miglior tradizione pachidermo-nichilistica nazionale e — specialmente dal punto di vista sonoro — internazionale; fin qui, bei momenti.
L’uso di questi ultimi due aggettivi, pachidermico e nichilistico, dovrebbe dare subito un’idea della proposta dei Die Sünde. Alfieri di uno sludge annerito le cui radici affondano anche e soprattutto nella passione e nella fede messa in musica dai cultisti della chiesa di Ra, i cinque membri di questa promettentissima creatura però aggiungono al mix la propria esperienza personale (il press-kit spiega come i Nostri provengano da scene diverse, come quella post-hardcore, post-metal, stoner doom e post-rock), condizionando sostanzialmente il risultato e salvandolo dalla concreta possibilità di risultare estremamente derivativo. È per questo che il fan di Amenra, Oathbreaker e Celeste troverà certamente pane per i suoi denti in Die Sünde, così come sarà soddisfatto anche chiunque apprezzi le derive post-rock più opprimenti e volesse mettersi alla prova con qualcosa di più spinto.
Nel concreto, la prima pubblicazione dei padovani evoca ombre e demoni esistenziali e li cala nella summenzionata miscela di post-black-sludge, regalandoci quasi ventiquattro solidissimi minuti di detestabilissima introspezione. “Diniego Dell’Empireo” apre le danze con grande efficacia, volgendo le proprie attenzioni a un criticabilissimo divino che i Die Sünde commentano con parole delicatissime («Guardami negli occhi Codardo Altissimo / Se il mio sangue è anche il tuo / Sappi che riflette il pattume del mio nome / Il nostro nome»), mentre la più squisitamente post- “Megattera” riporta poi il focus sull’essere umano e sul suo rapporto con se stesso e sul suo essere incredibilmente e profondamente invischiato in un sistema culturale putrido che non gli consente di cogliere l’essenza della realtà. Questo è oggetto anche dell’analisi caustica di “Persistenza Inane”, in cui i Die Sünde si avvicinano pericolosamente al confine del territorio degli Amenra per cagare odio e merda sulla vita («Non servirà a niente / E mi perseguiterà l’idea che questo mi è fin troppo semplice / Della mia tortura ne sono complice / Ed oltre ogni limite, io mi sento inutile»), mentre l’immaginario religioso entra di prepotenza in gioco nella costruzione della conclusiva “Abisso” non solo nelle tematiche ma anche nella forma, con l’ossessivo ripetersi della formula ritualistica «Mia colpa, mia grandissima colpa» su una pachidermica sequenza di estrazione squisitamente doom.
Quattro pezzi e meno di mezz’ora di musica bastano abbondantemente al sottoscritto per correre sul profilo Bandcamp del progetto e assicurarmi una delle copie di Die Sünde, il cui comparto grafico, tra l’altro, non è assolutamente meno bello della proposta musicale che arricchisce. Il nome dei Die Sünde finisce tra quelli che spero di vedere dal vivo alla prima occasione utile e, nell’attesa che si spingano oltre e pubblichino un album, l’invito a recuperarne il debutto è davvero sentito. Perderselo sarebbe un vero peccato.