DIMMU BORGIR – In Sorte Diaboli
È come minimo dai tempi dell'uscita di "Spiritual Black Dimensions", successore dell'acclamato "Enthrone Darkness Triumphant", che i Dimmu Borgir vengono aspettati al varco da critica e fan, pronti a registrare ogni minimo segno di cedimento strutturale. Ogni volta però i Norvegesi sono stati bravi a variare, checché se ne dica, le proprie coordinate: ora con un suono maggiormente sinfonico, ora più thrash, sino ad arrivare a quella sorta di colonna sonora dell'apocalisse che è stato "Death Cult Armageddon", colpevole solo di possedere un eccesso di riempitivi.
Anche "In Sorte Diaboli" non si sottrae a questa tendenza, ma la interpreta attraverso l'utilizzo per la prima volta nella storia dei Dimmu Borgir di un concept, una storia ambientata nel medioevo e partorita dalla mente di Silenoz: a livello musicale di novità neanche l'ombra, cosa che non necessariamente è un male se si è ricchi di ispirazione a livello compositivo. Ci ritroviamo perciò ad ascoltare un extreme metal fortemente sinfonico, ultralaccato, in cui Mustis torna ad avere maggiore presenza in virtù del fatto che la componente orchestrale non lo sommerge come avvenuto nel disco precedente. Il tormentato ruolo di batterista invece, per ammissione della band l'ultima ruota del carro in sede di scrittura, è ricoperto questa volta dal turnista di lusso Hellhammer, con una prova discreta ma non eccezionale. Detto della sempre notevole prestazione di Vortex, protagonista anche in "The Invaluable Darkness" di un intervento risolutivo, a peccare maggiormente sono le chitarre di Silenoz e Galder davvero spente e uno Shagrath lontano ormai da diversi anni dall'eccellenza.
I Dimmu Borgir del 2007 perciò sembrano aver perso mordente e calore, attaccamento ai nuovi pezzi, infatti ascoltando le note di "In Sorte Diaboli" si ha come la sensazione che abbiano timbrato il cartellino, che abbiano scritto un disco come forma di dovere per potere in seguito andare in tour e fare incasso col merchandising attinente, senza avere quindi nulla da dire. Questa idea è rafforzata da un brano come il singolo "The Serpentine Offering", studiato a tavolino (eppure il migliore del lotto), in cui il cantato pulito di Vortex è inserito a forza, quasi fosse un obbligo dato il successo ottenuto nelle precedenti occasioni, o dal fatto che la breve e oscura strumentale "The Fallen Arises", posta a metà scaletta, sia salutata dall'ascoltatore come una salvezza dal restante mare di sterile e insipida mediocrità.
Mi sembra perciò inutile in questa sede annotare la grande cura formale con cui è stato realizzato questo album, esemplificata nella bella confezione digipak a forma di manoscritto. A due anni di distanza dall'uscita, "In Sorte Diaboli" rimane un disco anonimo, il peggiore mai realizzato dai Dimmu Borgir, il primo davvero insufficiente e che lancia pesanti dubbi sul proseguimento di carriera dei Norvegesi. Ormai solo una macchina commerciale genera-soldi?