ELDER – Innate Passage
Gli Elder non sbagliano un colpo da ormai sedici anni a questa parte. Non riesco a spiegarmi con precisione come ci riescano, so soltanto che ho amato Dead Roots Stirring, ascoltato a ripetizione Lore, inserito nei miei preferiti di fine anno Omens e già solo dopo l’ascolto del singolo “Endless Return” avevo capito che all’imminente Innate Passage sarebbe toccata la stessa sorte. Il punto non è tanto pubblicare sei full length di qualità altissima, quanto riuscirci mantenendo una personalità riconoscibile alla base e, allo stesso tempo, ricamandoci sopra variazioni e sperimentazioni. Il risultato sono dischi con una base solidissima, eppure ciascuno con un caleidoscopio dai riflessi che cangiano in maniera differente.
Originariamente provenienti dagli Stati Uniti, allo stato attuale gli Elder sono per la maggior parte residenti a Berlino e ciò mi fa ben sperare nella possibilità di più date dal vivo nel Vecchio Continente, dopo la superlativa esperienza di qualche anno fa all’On The Rocks di Helsinki. Il nome scelto per l’ultimo arrivato Innate Passage fa riferimento allo stato di costante cambiamento che noi esseri umani ci troviamo per nostra stessa natura ad attraversare, con il non sempre logico e a tratti surreale mondo a fare da sfondo ai nostri viaggi mentali.
Questa stessa continua evoluzione è palese anche nelle scelte stilistiche degli Elder, che presentano cinque tracce, dalla durata come sempre impegnativa e delle strutture confortevolmente familiari, pregne di psichedelia a pacchi e che pescano generosamente dal progressive rock. La vena stoner-doom degli esordi non è comunque del tutto svanita, tanto che diventa complesso capire se Innate Passage sia più classificabile come doom, come rock o cos’altro. Probabilmente, meri fini pratici di catalogazione esclusi, questo non ha la minima importanza dal momento che il disco è una meraviglia di progressioni melodiche quasi esotiche, con le linee vocali che intervengono esattamente quando dovrebbero.
Al primo ascolto sono stata completamente rapita dagli arpeggi di “Merged In Dreams – Ne Plus Ultra”, al secondo mi sono concentrata di più sulle atmosfere sognanti di “Coalescence”, per cui sono abbastanza sicura che più avanti qualcos’altro emergerà con delicata fermezza a catturare la mia attenzione. Dall’attacco deciso di “Catastasis” alle tastiere figlie degli anni Settanta che costruiscono il mondo intangibile di “The Purpose”, ogni traccia è un tassello all’interno della rappresentazione di quel percorso mentale e spirituale che, idealmente, dura una vita.
Innate Passage è un album che si prende il suo tempo, che non ha fretta di sorprendere, eppure ci riesce comunque. Come possano gli Elder essere una tale costante e inesauribile fonte di bellezza, come trovino il modo di imbrigliare il caos e dominarlo con maestria sono quesiti a cui non so assolutamente rispondere: posso solo constatare che la loro magia continua a pulsare più intensa che mai.