ESKHATON – Omegalitheos
Ascoltare un album degli Eskhaton è spossante, un’attività per cui ci si deve preparare psicologicamente e fisicamente. Il terzo album degli australiani intitolato Omegalitheos arriva ampiamente oltre i cinquanta minuti di durata, divisi in quattordici canzoni che di canzone non hanno davvero nulla ed è impossibile distinguere l’una dall’altra se non in poche, rare eccezioni.
Il trio di Melbourne era già sufficientemente inintelligibile con il precedente e quantomai esplicito Worship Death, ma qui trascende completamente il livello di complessità del death metal più battagliero per raggiungere una vera e propria entropia esistenziale: non c’è un riff che non sia sepolto da un blast-beat su cui non si aggroviglino urla che non si accompagnino a un altro riff che non venga sepolto da un altro blast-beat che non venga accompagnato da un altro riff. Così, ad libitum, per quasi un’ora, c’è da uscirne completamente rimbambiti. Ed è una sensazione meravigliosa.
Lavadome, negli ultimi diciotto mesi, è stata particolarmente avara di uscite, pubblicando soltanto lo split tra Horror God e Techne a novembre scorso, ma se l’attesa per nuovo materiale continua a portare risultati di questo tipo, beh, c’è di che essere felici di aspettare. Omegalitheos è un album pazzescamente violento, totalmente impenetrabile e assolutamente oltranzista: gli Eskhaton non provano nemmeno a variare, a cambiare qualcosa, perché lungo tutti i loro quattordici brani vogliono solo e soltanto fare casino, sputare in faccia al genere umano, a Dio e a qualsiasi cosa ci sia sopra di lui, o magari sotto. L’unico momento in cui ci ho capito qualcosa è stato quando in “Culthulhunatic” spunta un campionamento dei Darkspace.
Il libretto, poi, è uno spettacolo che pare uscito da una fanzine del 1992: come se non bastasse l’illustrazione di copertina di Daemorph, l’interno è beatamente rimpinzato di mostri, demoni e divinità tentacolari grazie al lavoro di Nether Temple. Giusto per fare un paragone facilone: prendete l’estetica e il sound dei Sulphur Aeon e spogliateli di QUALSIASI criterio e ordine: rimane il caos. Gli Eskhaton stanno lì. E da lì non hanno la minima intenzione di muoversi.