Il black metal di Falgar contro la malinconia

FALGAR – La Dama Del Alba

Gruppo: Falgar
Titolo: La Dama Del Alba
Anno: 2013
Ristampa: 2018
Provenienza: Portorico
Etichetta: ATMF
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TRACKLIST

  1. Invocación
  2. La Dama Del Alba
  3. Renacimiento
  4. Seguiré
  5. Fango Y Frío
  6. Laberintos
  7. Artemisa
  8. The Whispers Of Diana [traccia bonus]
  9. Her Sacred Dwelling [traccia bonus]
DURATA: 52:55

La macchina del tempo aristocratica ci riporta indietro di qualche anno, più precisamente nell’aprile del 2013: in quel periodo, si svolgeva l’ultima avventura in ambito black metal di Falgar, prima di passare al neofolk degli album successivi. In realtà, il merito di questo tuffo nel passato è di ATMF che si è occupata di ristampare La Dama Del Alba, aggiungendo due sostanziose tracce bonus.

Etienne Goldberg — unico componente di questo progetto portoricano — non prova neanche per sbaglio a nascondere di aver studiato a fondo le lezioni di Burzum, applicandone le caratteristiche a un contesto più legato alla sfera emotiva: i brani sono afflitti da un importante senso di mestizia e rassegnazione, dovuto al predominio dei tempi medi e ai riff carichi di malinconia; la struttura semplice e ripetitiva su cui poggiano le composizioni enfatizza questi aspetti ed è croce e delizia del disco.

Se da un lato queste sensazioni risultano espresse discretamente bene, dall’altro il pericolo della noia è sempre dietro l’angolo e non sempre il musicista riesce a schivarlo: ciò che manca a Falgar rispetto al proprio maestro è la capacità di trovare soluzioni che rendano ogni momento interessante, lasciando invece alcune fasi un po’ abbandonate a se stesse. Le ritmiche decisamente elementari e poco assortite e la scarsa varietà all’interno di tracce di durata non trascurabile non sono necessariamente difetti, ma lo diventano nel momento in cui la musica non presenta altro né riesce a colpire a livello puramente emotivo; nemmeno lo scream, basilare e non troppo espressivo, ha modo di cambiare le carte in tavola.

Ciò significa che l’ascolto dell’album è leggermente altalenante, dipendendo dalla capacità di Goldberg di inserire dettagli che possano fare la differenza: che sia l’ingresso della voce pulita, una linea di basso efficace, il cambio di tempo in “La Dama Del Alba” o — molto semplicemente — riff di chitarra particolarmente riusciti, l’artista trova spesso il modo di salvare la baracca; tuttavia, in qualche occasione, finisce per peccare di ingenuità, fortunatamente senza mai esagerare.

Concettualmente, l’opera è legata alla dea Artemide e al viaggio per raggiungere il suo regno, dove la notte e la foresta che il viandante deve attraversare rappresentano le difficoltà di convivere con la solitudine, mentre la divinità è fondamentalmente la luce in fondo al tunnel. Non è proprio chiaro come tutto questo si leghi al quadro La Belle Dame Sans Merci di Walter Crane raffigurato in copertina, anche se la scelta di questo dipinto potrebbe essere puramente estetica, considerando i colori cupi e l’ambientazione boschiva.

Come ultima nota, le due tracce bonus — estratte dall’EP Crepusculum del 2013 — mostrano una versione abbastanza diversa di Falgar: la presenza di doppia cassa e blast beat e il suono in generale più tagliente dimostrano come Goldberg sia comunque capace di variegare la proposta, a dispetto della monotonia ritmica di questo lavoro.

Tutto sommato, La Dama Del Alba è un lavoro che riesce a guadagnarsi la sufficienza: i difetti esposti in precedenza, insieme alla qualità del suono non proprio eccelsa, rientrano nelle problematiche tipiche di progetti come questo e ormai comunemente accettate — se non addirittura apprezzate, in alcuni casi — dal pubblico di questo stile. Visto il recente interesse verso sonorità acustiche, sarebbe stato interessante vederle inglobate in questo stile, ma per il momento non sembra che ci sia questa possibilità.