FAT WANG – GURU
Gruppo: | Fat Wang |
Titolo: | GURU |
Anno: | 2019 |
Provenienza: | Svizzera |
Etichetta: | Cold Smoke Recordings |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
|
|
DURATA: | 27:37 |
Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la storia contemporanea saprà che la nostra vicina Svizzera ha sempre ostentato la sua neutralità di fronte a diversi tipi di conflitti. Ecco, con i Fat Wang questo aneddoto storico mi è saltato alla mente, quasi istantaneamente. In questo caso, la neutralità del duo elvetico non va intesa nella sua connotazione negativa, che spesso assume il sinonimo di mancanza di carattere, o di una posizione ben definita.
GURU può essere definito un disco neutrale in base alla sua ben riuscita sinergia di sonorità e attitudini che, nonostante appartengano a una radice comune, non sono immediatamente associabili. Il numero, elemento ordinatore per eccellenza, mi permetterà di rendere questa immagine più nitida. Durante tutta la durata dell’album sono riuscito a riconoscere TRE componenti stilistiche, appartenenti a generi musicali diversi, ma intrecciate in modo molto coerente. In primis, la ritmicità e l’incisività chitarristica del noise rock vecchia scuola, quello innalzato a gloria eterna dai Jesus Lizard, per intenderci. L’intro “Autodafé” esplica in pieno questo ventaglio di sonorità e, allo stesso tempo, proietta verso le due tracce successive.
La seconda “Awkward” inaugura un altro sentiero che si inoltra nel fitto del bosco dello stoner metal, dove una spolveratina di funghi di dubbia natura e riff ipnotici e distorti ribalta la situazione. Qui emergono all’orecchio influenze derivanti dagli Om e dalla scuola della psichedelia stoner che accompagneranno la quasi totalità dell’ascolto, optando per una leggerezza avvolgente (come in “Sun”) o, al contrario, per proiettili scaricati con cadenza e intransigenza, in puro stile HC.
Tre tipi di suono avevo promesso, tre ne darò. L’ultima, a dire il vero, emerge esplicitamente in non molti passaggi, ma lascia la sua traccia lungo tutto il disco; più che una vera e propria sonorità, la definirei un’attitudine compositiva di fondo, che a mio parere non nasconde il suo debito verso i grandi nomi dell’hardcore anni ’90, Helmet in primis.
Insomma, eccoci alla fine dell’elenco che, per quanto breve, spero abbia suscitato la giusta curiosità nei confronti di questo disco e per questo duo. Se provate interesse per il noise rock vecchia scuola, per lo stoner o anche per l’hardcore della ditta Helmet & Co, non perdetevi i Fat Wang che, con il loro esempio, hanno dimostrato che la neutralità, a volte, dà i suoi frutti.