FAUSTTOPHEL – …Sancta Simplicitas…
Credetemi, a me il metal estremo piace, e tanto, non scriverei di dischi improbabili da così tanti anni se così non fosse, ma ci sono volte in cui anche la più convinta e fervente dedizione alla causa del Malae viene messa in discussione. E di solito, tocca essere razzista, succede quando sto ascoltando qualcosa che arriva dall'est. Sempre prontissimo ad ammettere che ci sono realtà di grande valore che spuntano qua e là da tutto l'ex-blocco sovietico, più o meno famose o più o meno recenti che siano (Drudkh, Temnozor', Sivyj Yar, potrei andare avanti parecchio); però è altrettanto vero che da quelle parti l'era digitale ha dato dei mezzi potentissimi in mano a persone che questi mezzi non li sanno usare. Che la ragione sia la povertà economica o quella creativa, la guerra all'ultimo emulo ormai è scoppiata, e tutti questi gruppi fotocopia che escono da etichette improbabili che stampano cose a caso senza nessun tipo di linea, progetto e (soprattutto) controllo qualitativo adesso hanno rotto il cazzo.
Perdonate la lunga digressione — magari un giorno varrebbe la pena di approfondire l'argomento in separata sede — ma si tratta di una precisazione doverosa che spiega almeno parzialmente per quale motivo il secondo disco dei Fausttophel, seguito del precedente "Жажда Забвения", sia una colossale, tremenda, insostenibile cagata. Perché è uguale a centomila altri, scialbo, brutto, scritto male, imbastito alla bell'e meglio, ignorante nel profondo della sua essenza, ma non nell'accezione divertente e consapevole, purtroppo in quella gretta e autoindulgente.
Black metal melodico senza mordente, senza nulla da dire, senza significato. Non solo, la cover di "Black Tears" mette pure in luce la pochezza vocale del cantante, e spero che nessuno degli Edge Of Sanity ci si imbatta mai. Mi dispiace tantissimo demolire così genericamente e platealmente uno sforzo artistico, ma qui non c'è alcuna arte, e probabilmente nemmeno lo sforzo.