FELIS CATUS – Transition
Felis catus: nome scientifico del gatto domestico. Ebbene sì, dopo aver scritto di piante che suonano, adesso mi tocca parlare di musicisti felini. No, in realtà dietro questo nome si cela Francesco Cucinotta, personaggio attivo da tempo in diverse realtà underground e di cui abbiamo già parlato in occasione di “Answers To Human Hypocrisy”. Questo disco è il suo quinto lavoro, terzo sulla lunga distanza.
“Transition” si suddivide in quattro lunghi atti spalmati su oltre tre quarti d’ora di musica che traggono ispirazione da un numero non indifferente di stili. Difficile, infatti, definire la proposta in poche parole: il punto di partenza sembra essere una sorta di Ambient dai toni cupi che assume una maschera diversa a seconda di ciò che desidera impersonare. La prima traccia accenna atmosfere tribali, ottenute principalmente tramite le percussioni e sintetizzatori che — pur manifestandosi in una forma elettronica — riescono a contribuire a ricreare l’idea di essere trasportati in una civiltà perduta. Il pezzo successivo rimanda invece agli anni Settanta, grazie all’apporto delle chitarre e delle parti di basso e batteria che forniscono quel ritmo tipico del Rock psichedelico di quel periodo; una sensazione simile è riscontrabile anche nella seconda parte dell’album, che però tende maggiormente verso le sperimentazioni di Klaus Schulze e dei Tangerine Dream. Verso il finale, le atmosfere si fanno più tetre, avvicinandosi al Dark Ambient vero e proprio.
I brani presentano chiaramente differenze tra loro, ma sono legati da un filo conduttore che permette a ognuno di essi di avere dettagli che li rendono unici: nonostante le varie maschere, il gatto mantiene sempre uno stile riconoscibile: i campionamenti e i rumori che accompagnano tutto il disco e le incursioni in altri generi quali Rock e Industrial non creano assolutamente problemi di eccessiva eterogeneità. Anche la parte vocale e il pianoforte nel primo atto o l’estratto dal film “Cartesius” di Roberto Rossellini nel quarto sono elementi che donano varietà e spesso trovano una giustificazione della propria presenza nel concept alla base dell’album.
Per quanto (relativamente) sperimentale, “Transition” non è assolutamente un disco di difficile ascolto per chi è avvezzo a certe sonorità; il modo in cui le influenze esterne sono state innestate fa sì che il tutto suoni naturale e per nulla forzato. Considerando anche i progetti di cui fa o ha fatto parte Francesco Cucinotta, potrebbe essere una buona occasione per entrare in contatto con il suo mondo musicale.