FOREST OF SHADOWS – Among The Dormant Watchers
Dieci anni. Tanto ha impiegato Niclas Frohagen per tornare sulle scene dopo Six Waves Of Woe, risalente al 2008 nonché una delle ultime uscite della compianta Firebox/Firedoom Music, che avrebbe chiuso i battenti di lì a un paio d’anni. Per questo ritorno lo svedese ha deciso di rimanere lo stesso in Finlandia, entrando nel roster dell’attivissima Inverse Records, e di continuare il suo progetto in solitaria nel modo più integralista possibile, poiché l’intero album è stato scritto, suonato, registrato e prodotto a Stoccolma dallo stesso Frohagen tra il 2009 e il 2018. Con ottimi risultati.
Fin dal primo disco completo il nome Forest Of Shadows si è affrancato dal sound funeral, death e doom tradizionale di cui aveva fatto sfoggio ai tempi dei demo, su tutti l’ancora oggi spettacolare Where Dreams Turn To Rust, a favore di un’interpretazione più melodica, effettata e vagamente sintetica (e nulla mi toglierà mai la sensazione che la formazione di Frohagen come ingegnere informatico abbia un’influenza notevole sulla musica che compone). Un decennio dopo, il Nostro continua ad ampliare i propri orizzonti e sui suoni e gli umori ormai tipici del progetto innesta nuove influenze e suggestioni, su tutte quelle mutuate dal post-rock e dal revival-gaze che hanno imperversato in lungo e in largo nel sottobosco estremo degli ultimi anni. Quindi, via di riffoni, ma con le chitarre leggermente più smussate rispetto al già non proprio granitico suono che Frohagen proponeva negli anni Zero; via di sintetizzatori e infiliamoci addirittura qualche arpeggio. E poi voci pulite, growl, cambi di registro e addirittura una ballata da ben otto minuti (“Lullaby”).
Ciò che conta alla fine di tutto nel doom, però, è la pesantezza, lo sappiamo tutti, e Among The Dormant Watchers si presenta come un bel mattone da quasi sessantasette minuti tutti da soffrire, con canoniche puntate da dieci minuti e oltre, ma anche con un paio di episodi più contenuti: “Lost Within” e “We, The Shameless” sono due grida sconsolate, la prima a tutti coloro che si barricano dietro i propri problemi, facendone un alibi, la scusa per non accettare le proprie responsabilità; la seconda al modello della società occidentale stesso, reo di inenarrabili atrocità verso tutti coloro che non si piegano a esso. Come sempre, Forest Of Shadows significa anche una certa profondità testuale che ruota attorno ai temi tanto cari al doom: depressione, abbandono, rassegnazione, ansia (in un libretto dove compaiono solo immagini di rami spogli, l’unico segno di antropizzazione è la fotografia di una panchina imbrattata a pennarello su cui si legge ansia).
Among The Dormant Watchers è il risultato di dieci anni di riflessione e di malessere condensati in oltre un’ora di musica e il ritorno sulle scene di un artista che meriterebbe molti più riconoscimenti di quelli che gli vengono tributati.