FRACTAL GENERATOR – Macrocosmos
«All’Universo non viene richiesto di essere in perfetta armonia con l’ambizione umana». Sono incappata in questa massima piuttosto veritiera scandagliando il profilo Facebook dei Fractal Generator, alla ricerca di nozioni succose sul trio canadese. La frase in oggetto è stata scritta nientemeno che nell’alfabeto binario; un dettaglio più che sufficiente per alimentare l’interesse nei confronti di questa band che è riuscita a portare una vibrazione piuttosto anticonvenzionale a un genere tutt’altro che privo di seguaci come il death metal brutale e tecnico, in particolare quello che si concentra sul mondo siderale dello sci-fi.
I Fractal Generator, i cui membri nascondono i propri nomi dietro identificativi numerici, avevano già dato buona prova di sé con Apotheosynthesis, uscito nel 2017. Macrocosmos è il frutto di cinque anni di lavoro della band dell’Ontario e mostra quello che, a mio avviso, è un salto di qualità della portata di diversi eoni.
Opposto al microcosmo, il macrocosmo rappresenta un tutto che raccoglierebbe diverse rappresentazioni in scala ridotta di se stesso (l’Enciclopedia Treccani offre una definizione di gran lunga più filosofica e meno becera di quella dispensata dalla sottoscritta). Da questo concetto prende il lancio il concept che sta dietro la seconda fatica discografica dei Fractal Generator: infatti, Macrocosmos ci trasporta nel fitto della fantascienza (che forse un giorno potrebbe non essere tale), narrando di un gruppo di umani del futuro che si lancia nell’esplorazione di un sistema solare alternativo, fino ad arrivare all’annichilente scoperta che l’Universo in cui viviamo sarebbe, in realtà, frutto di una simulazione.
Considerate le tematiche trattate e la modalità con cui vengono sviscerate, verrebbe piuttosto naturale associare la proposta dei Fractal Generator a quella di colleghi come i Blood Incantation, ma in realtà il sound di Macrocosmos risulta scomodo da paragonare ad altre band: i Nostri sono pienamente riusciti nell’operazione tutt’altro che scontata di forgiare uno stile personale, fatto di vari elementi che coesistono in maniera valida tra loro. In questo modo, all’interno dei brani viene accostata la brutalità corrosiva dei riff chitarristici pieni e corposi con la sensazione dinamica suscitata dai passaggi dissonanti, che possono ingolosire gli amanti degli Ulcerate meno recenti e dei Gorguts; a queste si accompagna la capacità dei Fractal Generator di plasmare le sonorità prettamente death creando un’atmosfera costante di oscurità e incertezza, proprio come si suppone possa sentirsi una flotta di esploratori intergalattici alle prese con luoghi sconosciuti; a mio avviso, i brani in cui la band ha condensato tutti gli elementi più affascinanti della sua proposta musicale sono “Contagion”, il successivo “Chaosphere” e il conclusivo “Ethereal”. Ho trovato inoltre molto azzeccate anche le porzioni cyber disseminate qua e là, che contribuiscono a rendere il filo narrativo ancora più vivido e coinvolgente.
Macrocosmos è dunque un album complesso e corposo sia dal punto di vista sonoro che concettuale, perché permette ai Fractal Generator di mostrare pienamente la loro capacità di orchestrare ed eseguire brani accurati e raffinati dalla prima all’ultima nota, il tutto calato nel contesto di una trama a cavallo tra lo sci-fi e le speculazioni filosofiche. In sintesi, un’uscita notevole, che mi auguro venga presa in considerazione come colonna sonora dei viaggi intergalattici nei secoli a venire.