FULCI – Tropical Sun
Confesso che il mio primo approccio con i Fulci non è stato dei migliori: qualche settimana fa arrivò in redazione il comunicato in cui il trio di Caserta annunciava di avere pronto il video di un brano a cui aveva partecipato Metal Carter, una delle figure a me più incomprensibili della scena musicale italiana. Sarà che quando ascoltai “Pagliaccio Di Ghiaccio” nel 2005 non ero pronto a una cosa del genere, ma tendo a non identificare Marco De Pascale come uno dei miei musicisti di riferimento, nonostante il seguito e lo status di culto che si ritrova oggi, a quindici anni di distanza.
Bene, ero già pronto a derubricare i Fulci a band lontanissima dai miei interessi, quando l’insistenza del chitarrista e principale compositore Dome mi ha convinto ad approfondire la faccenda. Solo a questo punto scopro che Kerrang! ha addirittura piazzato i campani al 35° posto tra le band death metal più interessanti del decennio appena concluso, e che Tropical Sun, secondo album del gruppo, è uscito addirittura quasi un anno fa (e deve il titolo a un suggerimento proprio di Metal Carter). Non so come, ma devo aver vissuto sotto un sasso, perché mi ero completamente perso tutto. Mi ritrovo quindi per le mani un promo pack davvero completo: cartella stampa, adesivi, foto, biografia, addirittura dei poster, ma anche e soprattutto il cd, con il suo bel jewel case rosso sangue e l’illustrazione del sempre ottimo Misanthropic Art. Ecco, è quando metto Tropical Sun nel lettore che mi rendo conto di essere uno stronzo e che ringrazio l’insistenza di Dome. Perché quello che ho per le mani non è un bel disco, è un cazzo di badile nelle gengive assolutamente perfetto dalla prima all’ultima nota.
Un album brutal che riesce a non suonare mai e poi mai monotono o forzato, che si apre sulle note di un sintetizzatore d’antan e poi inizia a picchiarti durissimo nei denti e a tirarti delle calcagnate in faccia che te le ricordi a lungo. Certo, Tropical Sun è un lavoro di genere, ma è anche l’esempio perfetto di come fare per suonare freschi e divertenti anche quando i Cannibal Corpse e i Suffocation sono già in giro da trent’anni. I ragazzi di Caserta danno seguito al proprio nome componendo un intero album ispirato a Zombi 2, classico del ‘79 diretto ovviamente da Lucio Fulci, slammano quanto e quando serve, ma alternano con gusto riff e grugniti da suino sgozzato a momenti più melodici, intermezzi campionati dalle pellicole del regista di Trastevere e si concedono in chiusura addirittura una cover di un brano di Fabio Frizzi, storico autore delle colonne sonore dei film di Fulci. Nella musica dei tre campani c’è tutto il death metal possibile, soprattutto americano (Skinless, Devourment e i già citati Cannibal Corpse e Suffocation), ma anche cose più melodiche alla Carcass periodo Heartwork o riffoni più grossi alla Bolt Thrower, senza disdegnare le ovvie puntate in territori da uscite targate Lacerated Enemy. I Fulci sono talmente bravi anche in fase di registrazione e produzione (avvenute entrambe al Till Deaf, un piccolo studio nel casertano) che inizialmente manco mi ero accorto che la formazione a tre significa basso, voce e chitarra, e che quindi tutto l’album è costruito grazie all’utilizzo di una drum machine.
Con testi asciutti ed essenziali i Fulci riescono a dire tutto il necessario, che poi non è tanto: non morti, violenza, cimiteri, larve, altra violenza, altri non morti. Tropical Sun, in quattordici tracce per appena 33 minuti di musica, riesce a centrare tutti gli obiettivi che si pone: è un tributo a Lucio Fulci, è una ventata di aria fresca nell’asfittico panorama (non solo brutal) death metal e più di ogni altra cosa è un bel, bel, bel disco.
In chiusura, una menzione va al fatto che i Fulci sono parte del CBC, il Caserta Beatdown Commando, un collettivo DIY che fa un sacco di cose di cattivo gusto. Supporto totale e incondizionato.
Per la cronaca, il pezzo con Metal Carter è questo.
Con tutto il rispetto, ma io gli preferirò sempre questo.