FYRNASK – VII – Kenoma
Gruppo: | Fyrnask |
Titolo: | VII – Kenoma |
Anno: | 2021 |
Provenienza: | Germania |
Etichetta: | Ván Records |
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TRACKLIST
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DURATA: | 59:52 |
Nati nel 2008 come progetto personale del solo Fyrn, i Fyrnask sono diventati un gruppo a tutti gli effetti solo nel 2014, includendo membri di Monarkh, Nastrandir e Plage. Inquadrabile a grandi linee nel black metal della seconda ondata, il quintetto di Bonn è rimasto mediamente sottotraccia pur proponendo una miscela di suoni personale e un approccio tematico e linguistico caratteristico: il filo conduttore di tutta la loro carriera è, infatti, il concetto di sacrificio esplorato e declinato attraverso la letteratura esoterica. Esoterico è anche il linguaggio: i titoli dei brani sono generalmente in islandese o in lingua norrena, i testi sono perlopiù in norvegese (bokmål); una scelta di espressione dovuta agli studi filologici di Fyrnd. Questo VII – Kenoma rispetta anch’esso le linee guida di cui sopra.
Una miscela di suoni personale, dicevo, perché i Fyrnask pur facendo black metal a volte melodico, a volte dissonante, integrano elementi rituali sia sintetici che acustici. Questo trasforma la loro musica in una vera e propria esperienza sensibile, a patto che voi per primi siate disposti a immergervi in un mondo spirituale e contemplativo.
Il concept di VII – Kenoma è incentrato sul Musibat-nāme (Libro delle Avversità) di Farīd al-Dīn ʿAṭṭār, un mistico persiano che aderì al sufismo vissuto tra il XII e il XIII secolo: il testo poetico si addentra nella teodicea, branca della teologia che interroga il rapporto tra la giustizia divina e la presenza del male e della sofferenza nel mondo. Nella mistica di ʿAṭṭār entrambi i piani dell’esistenza, materiale ed etereo, portano il germe della sofferenza e del fallimento; la vita umana è quindi segnata dal sacrificio costante e dalla morte come sua ultima sublimazione, da un vuoto (da cui il titolo in greco Kenoma) cui non si può sfuggire.
Cruciale, in questo viaggio verso la dipartita, l’incontro con Iblīs (una figura presente nel Corano e assimilabile al Diavolo), detronizzato ma ancora capace di indicare la via dello Stige e del vuoto dorato che segue. Un appuntamento raccontato dai Fyrnask nei tredici maestosi minuti di “Helreginn”, lenti, solenni, ieratici e densi di un’atmosfera sulfurea. L’intero album gioca con la melodia e coi tempi dilatati in modo sinistro, li utilizza per caricare di tensione brani come “Hrævaþefr” e “Sjóðandi Blóð”, per dare un senso di oppressione che cresce senza mai esplodere davvero. “Dauðvána” è l’immersione definitiva nel fiume della morte, una discesa che si può avvertire dalla musica senza per forza sviscerare il testo in norvegese.
La grande capacità dei Fyrnask risiede proprio nel rendere allegorica e perfino figurativa la loro espressione musicale. Ovviamente perché questo succeda servono dedizione e un ascolto attento, un’abnegazione che rievoca il misticismo del passato e lo lega a uno degli atti che più viene naturale a noi, appassionati di musica. Niente esclude che il trasporto che ne deriva vi spinga, poi, a cimentarvi nella traduzione dei testi di VII – Kenoma, non così complessa come può sembrare.