GODSLAVE – In Hell
Quanto sono migliorati i Godslave! La formazione tedesca era già stata ospite della 'zine in occasione dell'uscita dell'ep, allora autoprodotto, "Out Of The Ashes": era la loro seconda opera, arrivata poco dopo il rilascio del debutto "Bound By Chains". Da quel momento sembra proprio che la band non si sia più fermata: sono stati infatti rilasciati ben tre split — tutti intitolati "Thrashed", rispettivamente in compagnia di Impactor, Thrashtanica e Torment Tool (altro gruppo che conosciamo bene) — più un live album e il secondo disco "Into The Black". Adesso è il momento della maturità, è giunta l'ora del terzo lavoro, quello che dovrebbe rappresentare la compiuta crescita del progetto e "In Hell" lo è.
Questi musicisti sono devoti al thrash metal e negli anni si sono affinati, pur rimanendo legati a un modo di suonare che vede l'impatto e l'adrenalina come fonti primarie dalle quali attingere per dare un senso alle loro prove. È quindi una proposta muscolare, odiernamente dai tratti un po' più melodici e in certi casi alquanto orecchiabili, quella racchiusa in una scaletta che sin da subito palesa sia le proprie qualità che i propri limiti.
C'è parecchio da scuotere la testa in compagnia del gruppo e, una volta incontrati episodi come "I.N.R.Inc.", "This One Step", "Pain Reaction", "In Hell" e "Freedom", è quasi naturale muoverla; è però evidente che i rimandi a colonne portanti quali Kreator ed Exodus siano alle volte esagerati. Il processo di sviluppo ha coinvolto il modo di comporre, portando con sé delle piacevoli trovate: belle ad esempio le soluzioni di chitarra acustica e le intromissioni solistiche sia della sei corde che dell'organo — rispettivamente a cura di Manni Zewe (Dreadful Prophecy) e Matthias Warkus — utilizzate per aprire la mazzata "S.O.S. (Slave Our Souls)" e adornare la strumentale "Intermission Accomplished"; quest'ultima traccia si fa notare anche per le sonorità spiccatamente heavy che la caratterizzano. Nonostante ciò, i Godslave non si possono di certo definire una band dalla personalità dirompente.
Non c'è nulla da recriminare sulla prestazione di Thomas "The Slavegrunter" e soci: il cantante stesso offre, come sempre del resto, una prova arcigna e ben impostata, calzante su pezzi a loro volta sorretti da una buona produzione. La voce ormai non presenta più i tratti growl di inizio carriera, ma si affida a uno stile per molti versi riconducibile a un incrocio fra Araya, Petrozza e Hetfield.
"In Hell" è il classico disco rivolto agli amanti del genere, un acquisto che gli sfegatati non vorranno farsi mancare. I restanti magari preferiranno prima saggiarne le doti ascoltando i brani in sede live: è probabile infatti che dal vivo i Tedeschi siano capaci di fornire al materiale una resa ancor più accattivante e scapocciona. In entrambi i casi, lasciatevi andare e godetevi il tempo trascorso in compagnia dei Godslave: «thrash on»!