GOST – Valediction
Lo scorso mese di settembre la creatura GosT è passata sulle nostre pagine virtuali per ben due volte: la prima in occasione della ripubblicazione in vinile dell’EP Skull del 2013 (in edizione limitata) e la seconda con l’intervista a Baalberith a proposito del tour attualmente in corso (con Mayhem e Gaahls Wyrd) e del futuro del progetto. Sapevamo già allora che un disco era in arrivo e avevamo avuto modo di familiarizzare con due delle nuove tracce: la mia preferita “She Lives In Red Light – Devine” e “The Call Of The Faithful – Faithless”, entrambe contenute nella nuova edizione di “Skull” e di cui — attenzione — la prima cantata. GosT ha esordito come progetto synthwave — o, per dirlo con le parole di Baalberith, heavy elettronico — totalmente strumentale. Alcune tracce con linea vocale hanno poi cominciato a fare capolino con il passare del tempo (per esempio “Garruth” in Possessor, disco di appena un anno fa) e fin qui niente di strano, se non fosse che allo stato attuale troviamo la voce — a volte un tripudio di urla e altre morbida come il velluto — in nove tracce su dieci di “Valediction”, uscito lo scorso 4 ottobre; l’unica interamente strumentale è la citata “The Call Of The Faithful – Faithless”.
A un primo ascolto è indubbiamente un po’ strano relazionarsi con le linee vocali laddove ci eravamo abituati a un tipo di synthwave più orientato verso lo stile della colonna sonora; ricordiamo l’ottima “Maleficarum” di Non Paradisi, giusto per citarne una a caso. Il risultato però è indubbiamente interessante e di altissimo livello, oltre a svelarci un ennesimo tratto di questo poliedrico animale che è GosT. Infatti, se nel violento attacco di “Relentless Passing” con le sue crude grida è impossibile non notare delle chiarissime influenze black metal (a un certo punto pare di sentire Burzum di “Filosofem”), “Bloody Roses” ci svela invece un lato più romantico del Teschio, che intona «Your blood is wine when I taste you / Your body shines when I kiss you». “She Lives In Red Light – Devine” ha una sensualità tutta particolare che fa pensare ad approcci romantici su una pista da ballo, mentre “Push” possiede uno squisito sapore primi anni 2000, roba di qualità però, dimenticate Hit Mania Dance. Il brano di chiusura “Severance” lo vedrei bene, più degli altri, ad accompagnare qualche videogioco (è solo un’idea eh, la butto là) e mi sento in dovere di segnalare anche “Dreadfully Pious”, il cui ritornello è uno dei più riusciti di Valediction. “Ligature Marks” forse vi era già familiare, essendo stato uno dei singoli che ha anticipato l’album.
Valediction getta davvero una luce su un lato vocale di Baalberith che non si esaurisce soltanto nella violenza dello scream, ma è in grado di produrre belle e ipnotiche linee, il che conferisce all’opera delle sfumature tutte particolari tra elettronica e venature estreme, rendendola — lo dico senza paura — un gran bel gioiellino. Se il primo approccio con il disco vi sembra insolito e vi lascia perplessi, niente paura: GosT è in evoluzione e questa svolta ci ha indubbiamente sorpresi un po’ tutti, se però dicessi di essere delusa mentirei spudoratamente. Al massimo adesso aspetterò il prossimo lavoro con il doppio dell’ansia e della trepidazione.