Grafvitnir - Death's Wings Widespread | Aristocrazia Webzine

GRAFVITNIR – Death’s Wings Widespread

Gruppo: Grafvitnir
Titolo: Death’s Wings Widespread
Anno: 2020
Ristampa 2022
Provenienza: Svezia
Etichetta: Carnal Records / Avantgarde Music
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TRACKLIST

  1. Midnattskogens Isande Lockrop
  2. Helvetesnatt
  3. Death’s Wings Widespread
  4. In Infinitum
  5. Into The Unknown
  6. Det Glimrande Djupets Kall
  7. Wounds In Night’s Flesh
  8. Inner Void
  9. Wings Of The Night
  10. I Häxmånens Sken
DURATA: 37:50

Dalla profonda oscurità, un sinistro, tenebroso bagliore; la minacciosa sagoma di un gigantesco drago emerge scatenando un’aria di morte e distruzione. L’artwork dell’ultimo lavoro del duo svedese Grafvitnir, Death’s Wings Widespread, non solo traduce con sublime precisione in immagini il titolo del disco ma ne sintetizza anche la dimensione musicale. La classica bicromia bianco/nero propria dell’estetica black metal è resa moderna dalla meticolosa cura del dettaglio mostrata dall’artista L.G.N. Questo svecchiamento della tradizione coinvolge anche e soprattutto l’aspetto sonoro. Modrius e Niantel attingono a quel black metal scandinavo di fine secolo, fatto di chitarre a zanzara, di doppia cassa logorante, di blast beat violenti e di una produzione sporca, ma evitano quell’odore stantio e di naftalina che talvolta caratterizza certe uscite saldamente legate alla tradizione, grazie a un songwriting accattivante e preciso.

La violenta maestosità del drago che domina la copertina fa eco a quella dei brani che compongono i trentasette minuti di Death’s Wings Widespread. Nonostante la durata contenuta dell’album, infatti, i Grafvitnir riescono a restituire un’immagine musicale imponente e minacciosa. Già l’intro strumentale “Midnattskogens Isande Lockrop” (gelido richiamo della foresta di mezzanotte), con i suoi archi oscuri e i cori inquietanti, dona un’aura epica, quasi da colonna sonora di un film fantasy o di un videogame Souls-like. L’esplosione black metal corrompe poi quest’aura a partire dal secondo pezzo in scaletta, “Helvetesnatt” (notte infernale). Da questo punto in avanti, Death’s Wings Widespread è una cavalcata inarrestabile, il volo distruttivo del gigantesco drago. I suoi artigli affondano nella putrescente carne della tradizione black, senza voler innovare alcunché: il riff che apre Ad Infinitum, ad esempio, è squisitamente novantiano, ma il brano non risulta mai anacronistico o in ritardo sui tempi, con la sua costruzione lineare eppure variegata.

È nella grande intelligenza compositiva del duo che si può trovare la chiave di volta dell’album, quel quid che rende Death’s Wings Widespread un considerevole passo in avanti rispetto al precedente Venenum Scorpionis: se quest’ultimo, infatti, scadeva a tratti nella ridondanza e in più di un’occasione, pur essendo un buon lavoro, risultava statico, l’ultima fatica riserva invece colpi di scena e giravolte sonore. La lezione impartita dai Grafvitnir è che non servono grandi innovazioni, non servono strumenti insoliti (con tanti saluti allo straordinario panorama d’avanguardia che, negli ultimi anni, sta vivendo una nuova età aurea) e non servono contaminazioni astruse per poter interessare e ammaliare l’ascoltatore. La brevità dell’album, piuttosto insolita di questi tempi, consente infatti ai Nostri di proporre riff glaciali e taglienti, di giocare con la costruzione dei brani senza annacquarli. Si prenda ad esempio Wound In The Night’s Flesh: le chitarre fendono l’orecchio con il loro solito e affilato tremolo picking; la batteria corre imperterrita a velocità folli; la voce si lancia in uno scream corrosivo e spaventoso. Tutto pare poco originale, tutto pare già sentito. Eppure tutto pare perfetto, esattamente come dovrebbe essere: i grandi capitoli di violenza ultraterrena, le brevi interruzioni, la svolta sul finale. C’è un’eleganza malvagia e perversa nel modo in cui il duo compone i propri brani.

Questa eleganza permea l’intera scaletta, che gode di una saggia collocazione dei pezzi. I sette assalti di mefistofelico black metal sono suddivisi quasi equamente, quattro nella prima parte e tre nella seconda; anche gli unici due che eccedono i cinque minuti sono distanziati e seguiti da un brano più corto (tre minuti). Le tre brevi strumentali si trovano in apertura (“Det Glimrande Djupets Kall”: il freddo dello splendente abisso), al giro di boa e in coda (“I Häxmånens Sken”: alla luce della luna stregata). Uno schema molto intelligente, poiché impedisce alla pesantezza sonora, intesa come durezza e violenza, di tramutarsi in pesantezza d’ascolto e, dunque, in noia.

Come la musica, anche i testi non sembrano volersi muovere su sentieri diversi da quelli battuti dalla tradizione. Siamo davanti a un compendio di iconografia black metal: Lucifero, serpenti, odio, fiamme, ghiaccio e chi più ne ha più ne metta. Un esempio? La seconda strofa di “In Infinitum“: «I gaze at skies / Burning with sulphur fire / The certainty burns with undying light / The blood of the Serpent burns in my veins / As my eyes behold the splendours / …of the endless night». L’immaginario lirico non riluce dunque di particolare originalità e, a differenza dell’aspetto puramente musicale, ciò si riflette in testi poco efficaci e incisivi. I cliché di scrittura, a differenza di quelli compositivi, gravano sul risultato finale dell’opera, la cui dimensione malefica e letale viene così lievemente ridotta.

Nonostante ciò, comunque, Death’s Wings Widespread rimane un grandioso esempio di black metal tradizionale e moderno allo stesso tempo. Tanto grandioso da guadagnare, a oltre un anno dalla sua pubblicazione per Carnal Records, l’approdo presso la nostrana Avantgarde: il dragone è rinato in una nuova, definitiva forma nel 2022, quella del vinile.