HÅNDGEMENG – Ultraritual
Per fortuna non esistono leggi dove stia scritto che per suonare dello stoner cazzuto & cattivo si debba provenire per forza dagli Stati Uniti ed essere cresciuti passando il sabato sera a fare a botte in un oleoso pub affacciato sulla Route 66. Altrimenti mi domando cosa avrebbero tirato fuori i norvegesi Håndgemeng al posto del loro primo album Ultraritual.
Non trovo modi più efficaci infatti per connotare il degno successore dell’EP del 2020 Grim Riffer, che aveva aperto la produzione discografica di questa band priva di fronzoli e allo stesso tempo capace di creare pezzi accurati e coerenti tra di loro. Il retaggio hardcore che evidentemente ha caratterizzato il passato degli Håndgemeng si è gradualmente mischiato con le sonorità lisergiche dello stoner-doom più fuzzy e ruvido che si possa immaginare, dando vita a un vero e proprio viaggio sciamanico che si articola in otto tracce nemmeno troppo effimere, la cui durata media è di cinque minuti.
Ultraritual vede la luce sotto l’egida dell’etichetta californiana Ripple Music, con la quale collaborano — fra gli altri — Tidal Wave e Nekromant. L’ascolto si rivela ben presto un’esperienza interessante per più di un motivo: prima di tutto, gli Håndgemeng accostano titoli che richiamano un passato granitico e ancestrale (“Cro-Magnon Vs. Neanderthal”) a concetti più spirituali e trascendenti (“Visions In Fire” o “Occultation Of Mars”). In secondo luogo, le modalità con cui il gruppo norvegese ha scelto di sparpagliare le proprie influenze nei vari brani assicurano una fruizione dinamica, senza il rischio di annoiare. Le prime tracce uniscono lo scream votato all’hardcore con ritmi e riff tipici dello stoner e dello space rock, poi si passa a una modalità più lenta e ieratica, ma non meno sfracellante, dove risalta soprattutto “Rite Of The Comet”, che richiama dei Candlemass che hanno esagerato con il peyote. La ruvidità iniziale viene ripresa in chiusura, con la corposa “Occultation Of Mars” che dura ben nove minuti e riesce a tenere il fiato sospeso fino alla fine, inserendo anche una ammaliante voce femminile che crea la sensazione di essere in contatto con una divinità lontana.
A conti fatti, dunque, Ultraritual potrebbe sembrare il solito album stoner senza troppe pretese che tutti possono apprezzare come ascolto durante i momenti di sciallo totale, ma la realtà dei fatti dimostra ben altro: gli Håndgemeng danno prova di saper maneggiare sapientemente un tale magma ruvido, plasmandolo a piacimento all’interno di un album fluido e scorrevole, che non può essere definito in altro modo se non estremamente appetitoso.