HAVE A NICE LIFE – Sea Of Worry
Gli Have A Nice Life, progetto nato nei primi anni 2000 come valvola di sfogo di due studenti del college, Dan e Tim, sono entrati — a loro modo — nella storia della musica contemporanea. L’uscita di Deathconsciousness nel 2008 ha creato un vortice mediatico di dimensioni inaspettate e una pioggia di giudizi entusiasti e sbalorditi. Un debutto in doppio album che sfiora le due ore di durata, un condensato di disperazione, nichilismo, disillusione, frustrazione e dolore conditi con un groove che, nonostante i suoi contenuti neri come il cosmo, riesce paradossalmente a istillare un senso di libertà ed esaltazione unici. Composto con un budget ridicolo, incarnava alla perfezione la formula compositiva di Dan e Tim: un collage micidiale tra le atmosfere del post-punk e della darkwave anni ’80 (The Sisters Of Mercy e The Smiths in primis), le distorsioni e gli echi del drone e infine l’eterea anima dello shoegaze made in My Bloody Valentine.
Lasciando da parte Deathconsciousness (su cui potete trovare un approfondimento in lingua inglese sulla genesi e i contenuti) e sorvolando sul successore The Unnatural World, uscito nel 2014, arriviamo, finalmente, al nuovo Sea Of Worry. La sua essenza è caratterizzata dalla convivenza tra l’anima danzante e oscura del gothic punk (Siouxsie And The Banshees, Bauhaus, The Cure) e uno spirito fluttuante e inafferrabile, immerso in un mare di bordoni distesi e distorti, esaltati nei tredici minuti della traccia finale, “Destinos”, da suoni eterei di tastiera e flebili voci. Queste ultime, insieme a un comparto strumentale semplice ma estremamente personale ed efficace, ci narrano di un Dio diverso da quello che stoltamente gli uomini si immaginano, della sua malevola ironia e, di conseguenza, della misera e ambigua esistenza delle sue creature predilette. Lo stesso Dio per il quale Origene si auto-evira, lo stesso che ha acceso i roghi di Bruno, Serveto e Vanini nel XVII secolo viene qui trafitto a morte da dardi sonori scagliati senza sosta e senza pietà.
Gli Have A Nice Life si confermano ancora come uno dei pochi gruppi in grado di dialogare con le due facce del Divino, speranza e timore, che qui si scontrano incessantemente nei magnetici giri di basso di “Trespassers W” e nei beat ipnotici di “Science Beat”. Come ogni album del duo, Sea Of Worry è una spada a doppio taglio che riesce a farci ballare e urlare invettive contro tutto ciò che è sacro e tremendo nella prima parte; mentre nella seconda, invece, ci avvolge e ci abbraccia, dissolvendo noi e tutte le nostre certezze. Un conflitto impossibile da sanare, quello tra paura e speranza, la storia ce lo ha insegnato e Dan e Tim lo sanno meglio di molti altri. Nonostante si ritrovino a vivere all’ombra di Deathconsciousness, il loro capolavoro che mai (almeno finora) sono riusciti a eguagliare, continuano il proprio percorso musicale con sacra dedizione, dando vita a un’altra tempesta emotiva perfetta.
Dio non ha mai sanguinato così copiosamente, non è mai stato tanto bello essere tristi.