Heavy Harvest - Iron Lung

HEAVY HARVEST – Iron Lung

Gruppo: Heavy Harvest
Titolo: Iron Lung
Anno: 2020
Provenienza: Svizzera
Etichetta: Czar Of Crickets
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TRACKLIST

  1. Worship
  2. Scream
  3. Nosebleed
  4. Body Hammer
  5. Needles
  6. Oven
  7. 7845-04
  8. Fertilizer
  9. Iron Lung
  10. Pig Doctor
  11. Candy
  12. Skeleton
DURATA: 33:00

La Svizzera è una terra che può vantare, già dagli anni ’80, una scena musicale ridotta ma con picchi qualitativi stratosferici; basti pensare al leggendario binomio Celtic Frost-Coroner. Uscendo dal territorio del metal old school e addentrandoci in quello dell’hardcore e dello stoner contemporanei, ci troviamo davanti agli Heavy Harvest, promotori — insieme ai connazionali Fat Wang, di cui parlammo tempo fa — di un connubio veramente notevole di stoner, hardcore e noise rock. Attivi dal 2011, nati come quartetto stoner ed evolutisi in un power trio negli ultimi anni, arrivano alla seconda uscita, Iron Lung, con idee molto chiare e schiette: unire le dissonanze e i riverberi del noise rock con l’intransigenza dell’hardcore, prediligendo una struttura compositiva intrisa di vere e proprie cavalcate ritmiche riconducibili allo stoner.

Già dalla seconda traccia, “Scream”, emergono dei passaggi chitarristici da headbanging automatico (come nello spettacolare finale); ciclici, ridondanti e, allo stesso tempo, accompagnati da riverberi metallici e stridenti. Accanto a questi momenti esaltanti ed energici, ci sono altrettanti punti in cui la pesantezza delle distorsioni e la ruvidezza del cantato sfondano le porte dello sludge più oscuro; “Body Hammer”, già nella prima sezione del disco, svela il lato marcio e tetro degli Heavy Harvest, un distillato della truculenza degli Unsane, inserito in un mix di influenze provenienti da tutte le sottocategorie dell’hardcore.

Iron Lung è un disco che, nei sui 33 minuti di durata, non concede un secondo di tregua; un amalgama di riff devastanti, power chord dissonanti e urla metalliche. Un agglomerato di rabbia e frustrazione che, però, non sfocia in un piattume compositivo monocromatico, ma che al contrario si arricchisce di numerosi spunti compositivi: attacchi di pura attitudine punk (“7845-04”), monolitici riff stoner (“Needles”) e ritmiche morbosamente ipnotiche, che strizzano l’occhio agli Shellac e al noise rock made in USA (“Skeleton”). Tutto ciò rappresenta un passo in avanti decisivo nel percorso di questo giovane trio svizzero, una fase di digestione e assimilazione di numerosi spunti che si mischiano tra di loro. Un disco compatto e pienamente soddisfacente che, oltre a essere una piena conferma, può facilmente diventare la rampa di lancio verso sperimentalismi e sonorità ancora più estreme: le carte in regola ci sono tutte e le aspettative non possono che essere alte.