HELL’S CORONATION – Transgression Of A Necromantical Darkness
Gli Hell’s Coronation sono in giro dal 2016, arrivano da Danzica e sono una bestia piuttosto strana partorita dal misterioso Zepar, quasi cinquantenne polacco che nei primi anni ‘90 aveva provato a lasciare il segno con un gruppo mai andato oltre il primo demo, i Mastiphal (narra Metal Archives, gruppo scioltosi nel ‘94, quando il suo compagno di merende finì al gabbio). Dopo anni di latitanza dalle scene, appunto, gli Hell’s Coronation paiono aver avviato un percorso ben florido e prolifico: tra split, album ed EP si contano già dodici pubblicazioni, di cui Transgression Of A Necromantical Darkness è la più recente.
L’album esce per la conterranea Godz Ov War, sempre attenta a rastrellare le migliori putredini dell’underground europeo, e nei suoi quaranta minuti offre una commistione piuttosto personale di black metal e doom, dalle parti dei Tryptikon che però hanno avuto un figlio illegittimo con i Thorns o i Velvet Cacoon, e questo figlio è nato inevitabilmente brutto e menomato. Transgression… va piano, è zozzo, taglientissimo, con arrangiamenti freddissimi e acidissimi, e poi va ancora più piano, e poi è ancora più zozzo.
Da un paio d’anni, nelle sue scorribande Zepar si fa aiutare dal batterista e bassista Skogen, altro personaggio oscuro alle spalle di svariati progetti black dell’underground polacco, che negli Hell’s Coronation non caccia un blast beat manco sotto tortura, perché casomai non fosse chiaro l’obiettivo qui è andare piano. D’altro canto, per mettere in piedi quello che il duo si propone la velocità non è affatto necessaria: urla lancinanti, chitarre affilate come rasoi e sintetizzatori che strizzano l’occhio alla dungeon synth supportano la batteria che picchia pochi colpi, ma profondi come le segrete di un castello della Pomerania.
L’immaginario alle spalle del progetto è classico che più classico non si può: borchie, catene, lame, ossa, croci ribaltate, fortezze di pietra, nebbie malefiche, tutto il repertorio al completo. E per quanto usato, abusato e ormai assolutamente privo di qualunque sorpresa, è un repertorio che funziona sempre. Avevo erroneamente fatto i primi ascolti di Transgression Of A Necromantical Darkness in una mattinata soleggiata, mentre il mondo scorreva fuori dalla finestra, e non riuscivo a capire cosa scriverne. È bastato aspettare l’ora delle streghe in una notte di pioggia d’autunno, e come per magia il lavoro degli Hell’s Coronation ha acquistato un senso che prima non aveva. Un album molto, molto specifico, quasi situazionale, da ascoltare solamente in determinati contesti, pena il rischio di rimanere indifferenti, e sarebbe un peccato.