HOSTIA – Carnivore Carnival
Che gli Hostia non siano una band particolarmente simpatizzante del bigottismo che circonda il Cristianesimo (soprattutto per quanto riguarda le contraddizioni che vi si possono trovare), lo si può vagamente evincere dalla copertina di Carnivore Carnival, che ritrae un massiccio veicolo bellico nel quale la parte superiore è composta da un set di edifici sacri in stile gotico, mentre quella inferiore è un temibile cingolato. Nel malaugurato caso in cui dovessimo nutrire dei dubbi sulla posizione presa dal quartetto polacco, basti pensare che il disco è introdotto da un frammento di un celebre monologo di George Carlin, in cui il comico americano recita: «The invisible man has a special list of ten things he does not want you to do. And if you do any of these ten things, he has a special place, full of fire and smoke and burning and torture and anguish […] But He loves you».
La macchina da guerra degli Hostia non percorre da molto tempo il sentiero sterrato e sanguinolento del grindcore. Il gruppo si è formato nel 2018 e la sua discografia si compone di due titoli: oltre all’omonimo full length di debutto, uscito proprio nel 2018, il secondo capitolo è rappresentato da Carnivore Carnival. Non è facile reperire informazioni sui membri della band, che hanno scelto di battezzarsi con i nomi di esponenti passati del soglio pontificio: infatti, la line up vede St. Xyxtus al basso, St. Evaristus alla batteria, St. Anacletus alla chitarra e St. Sixtus come cantante e autore dei testi che corredano i brani e spaziano in una gamma di titoli che va da “Grind The Filth” a “Dance 4 Jesus”.
In effetti, Carnivore Carnival si rivela proprio un massiccio sberleffo nei confronti dei dettami della Chiesa, utilizzando sonorità che durante l’ascolto mi hanno spesso fatto pensare ai Napalm Death, ma anche ai Cattle Decapitation di Monolith Of Inhumanity, o giù di lì. Come spesso avviene in questi casi, ci troviamo di fronte a un’opera della durata di 23 minuti scarsi, articolata in diciassette brani. Le tracce vengono snocciolate una dopo l’altra in maniera tiratissima, con una miscela a prova di nonna ligia ai dogmi di Radio Maria che ha come ingredienti principali una batteria incessante, riff perforanti e un growl viscerale che lasciano senza fiato per buona parte dell’ascolto. A volte l’anima death degli Hostia sembra prevalere sulle sassate grind, regalando momenti più cadenzati e riff più letali come nel caso di “We Did It” e “Chvrch Bvrner”, salvo poi precipitare nuovamente nella furia che scuote questo album nella sua quasi totalità (“Have A Faith”, “Carnivore Carnival”).
Tutte queste caratteristiche contribuiscono a rendere il secondo full length degli Hostia corrosivo al punto giusto e chiaro nelle intenzioni, sensazione rafforzata dai Salmi citati all’interno del booklet di Carnivore Carnival, che costituiscono l’occasione per St. Sixtus e compagni di declamare frasi come «Here is no God / They’ll bury you with your God / A fast trip to a land of nothingness». Non solo: la solidità nell’esecuzione dimostra che, oltre ad avere dei capisaldi dal punto di vista concettuale, il quartetto polacco possiede anche le capacità necessarie per convincere musicalmente. Da ascoltare preferibilmente la domenica.