HULDRE – Intet Menneskebarn
Gruppo: | Huldre |
Titolo: | Intet Menneskebarn |
Anno: | 2012 |
Provenienza: | Danimarca |
Etichetta: | Gateway Music |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 50:53 |
È innegabile che il folk metal sia stato uno dei generi più inflazionati dell'ultimo decennio, sulla scia del successo di Finntroll e di altre formazioni che hanno portato il genere agli onori delle cronache, quantomeno a livello commerciale. Prendo ad esempio gli Eluveitie, band che più di altre è stata determinante per una più ampia diffusione del genere, grazie a un sound estremamente orecchiabile e abbordabile anche per il pubblico più giovane. A oggi decine di gruppi hanno tentato la propria fortuna inserendosi in scia ai colossi, cercando di cavalcare il momento, con proposte spesso anonime e talvolta addirittura imbarazzanti, con qualche perla originale in un mare di mediocrità.
La proposta degli Huldre, va detto, si allontana dai lidi più noti di influenza black o death metal, e si concentra maggiormente sulla componente puramente folkloristica, tant'è che le chitarre, sebbene sempre presenti, passano costantemente in secondo piano rispetto alle trame sonore tessute dal violino, dal flauto e dall'ormai imprescindibile hurdygurdy. Insomma "Intet Menneskebarn" è lontano anni luce dal folk black aggressivo di cui è pieno il mondo, e anzi si avviciniamo a una musica più rockeggiante a là Otyg o Myrkgrav, sfiorando a tratti un folk rock di lumskiana memoria. Significativa a questo riguardo è la scelta di non avvalersi di un cantato maschile ad accompagnare Nanna Barslev: la frontgirl è dotata di un timbro vocale particolare, sicuramente distintivo, capace di disegnare ghirigori dal retrogusto quasi mediorientale e di colpire di primo impatto il fruitore del disco, ma tuttavia, non possedendo un'estensione eccelsa e risultando anzi sulla distanza abbastanza monocorde, si rivela insufficiente a tenere alto il livello di tensione dell'ascoltatore.
L'impressione è costantemente quella di trovarsi di fronte a un gruppo potenzialmente in grado di porre un notevole delta qualitativo fra sé e gli altri neonati folker, la padronanza strumentale degli Huldre è notevolissima, le idee non mancano, ma possono essere meglio sfruttate. Pezzi come l'apertura "Ulvevinter", squisito biglietto da visita, riffing lento eppure non banale, ottima melodia e struttura solida, si alternano a momenti più stanchi e meno riusciti, vedasi "Brandridt" che coi suoi sei minuti e mezzo risulta tediosa, o l'eccellente accoppiata composta da "Vaageblus" e "Havgus", due brani dalle sonorità più dure, che anticipano il banalmente danzereccio "Spillemand".
Nel complesso "Intet Menneskebarn" è una prova onesta e degna di essere segnalata, teniamo d'occhio gli Huldre; in fondo i ragazzi sono solo alla loro prima apparizione su disco, hanno dimostrato talento e meritano il tempo per poter affinare e definire la propria direzione musicale. Le doti non mancano.