I rituali adorcisti degli Ifriqiyya Electrique

IFRIQIYYA ELECTRIQUE – Rûwâhîne

Gruppo: Ifriqiyya Electrique
Titolo: Rûwâhîne
Anno: 2017
Provenienza: Tunisia / Italia
Etichetta: Glitterbeat Records
Contatti: Facebook  Soundcloud  Bandcamp
TRACKLIST

  1. Laa La Illa Allah
  2. Qaadrii – Salaam Alaik – Massarh
  3. Mawwel
  4. Zuru El Haadi – El Maduulaa – Maaluuma
  5. Stombali – Baba Alaia
  6. Annabi Mohammad – Laa La Illa Allah – Deg El Bendir
  7. Lavo – Baba Marzug – Sidi Saad – Allah
  8. Arrah Arrah Abbaina – Bahari – Tenouiba
  9. Sidriiya
DURATA: 43:36

Nel Medioevo, il nome Ifriqya identificava un’area geografica comprendente principalmente la Tunisia e parte di Libia e Algeria; è proprio in questa zona che risiede l’ispirazione del progetto di cui sto per parlarvi, sia per il nome che per la musica.

Gli Ifriqiyya Electrique nascono da un’idea di François-Regis Cambuzat, musicista francese che fin dagli anni Ottanta sguazza nell’underground italiano con vari gruppi. Tra i suoi compagni di avventure figura la bassista Gianna Greco che suona con lui nei Putan Club, dai quali è poi nata questa nuova realtà. Insieme a loro troviamo altri tre (più uno) componenti la cui provenienza (geografica, culturale e musicale) è tutt’altra: Tarek Sultan, Yahia Chouchen e Youssef Ghazala arrivano infatti dalla regione da cui prende il nome il progetto; inoltre, a essi si aggiunge Ali Chouchen in qualità di ospite.

La musica di “Rûwâhîne” viene descritta da Cambuzat come una «cerimonia post-industriale» il cui forte contenuto spirituale è legato al Banga, un rituale di adorcismo che si svolge annualmente in alcuni paesi della Tunisia, durante il quale i partecipanti si lasciano possedere da entità denominate proprio «rûwâhîne». Nel disco, questa presenza sovrannaturale si manifesta principalmente attraverso canti e percussioni (krakebs, tabla, nagharat) che costituiscono la vera essenza del lavoro: i ritmi tribali ossessivi e spesso protratti per diversi minuti portano l’ascoltatore in uno stato di trance, preparando così il corpo ad accogliere uno spirito. Le parti vocali sembrano essere molte volte suddivise tra un leader che dirige il rito e un coro di seguaci che rispondono alle sue indicazioni e sono caratterizzate da timbriche e cadenze tipicamente nere, che contribuiscono ampiamente a ricreare il giusto scenario.

I due componenti dei Putan Club, nel frattempo, si occupano di aggiungere un tocco moderno alla spiritualità sufista dei quattro artisti, destreggiandosi tra Elettronica e Rock, sempre mantenendo sonorità fortemente industriali. A differenza di quanto solitamente accade in commistioni di questa natura, l’elemento prettamente occidentale rappresenta un abbellimento ai brani, anziché costituirne la base: questa caratteristica denota un grande interesse verso la riproposizione della musica africana, vero cuore pulsante delle tracce le cui peculiarità vengono semplicemente amplificate dagli interventi di Cambuzat e Greco. Chitarra e basso si dedicano a donare maggiore enfasi alle sensazioni mistiche con un Rock industriale, desertico, psichedelico e sperimentale. Allo stesso tempo, le ritmiche tribali vengono accompagnate da percussioni non troppo distanti dell’ambiente Techno, generando un interessante mix di suoni metallici e sintetici. Non mancano inserimenti da ancora altri mondi, come le scratchate di matrice Hip-Hop.

Il lavoro degli Ifriqiyya Electrique assume maggiore rilevanza quando si pensa che certe culture rischiano di venire dimenticate nel tempo; è un tema di cui si sente parlare anche dalle nostre parti, ad esempio per quanto riguarda i dialetti. In questo caso si tratta di un intero mondo ben poco conosciuto da noi, nonostante la nostra Penisola ospiti ormai da tempo una quantità non indifferente di persone africane. Proprio per questo motivo, gli Ifriqiyya Electrique sono da considerare tanto una band quanto un documentario, entrambi guidati dalla volontà di Cambuzat di approfondire questa misteriosa realtà. “Rûwâhîne” è indubbiamente un’opera di un certo interesse che avrete modo di conoscere meglio anche grazie ai video presenti su YouTube, come quello di “Arrah Arrah Abbaina – Bahari – Tenouiba”.