IL SEGNO DEL COMANDO – Il Segno Del Comando
Che bello tornare a parlare de Il Segno Del Comando, perché per farlo tocca per forza sollevare la polverosa ma ancora cangiante veste che ammanta l’omonimo sceneggiato RAI del ’71. Sono proprio le atmosfere magico-esoteriche della fortunata serie firmata da Daniele D’Anza (e del romanzo che ne ricavò nell’87), con i grandi Ugo Pagliai, Carla Gravina e Massimo Girotti, ad aver ispirato Mercy e Diego Banchero in quest’avventura parallela a quella dei Malombra.
Il progressive rock dei genovesi, con la sua gotica scala di grigi, è il modo migliore per rievocare la Roma notturna e spettrale vissuta dal professor Forster. Il Segno Del Comando comincia infatti alludendo all’appunto che Byron, il grande poeta al centro degli studi di Forster, scrive sul diario durante la sua esperienza romana, e che si conclude con le parole Tenebrose Presenze. La città che fa da sfondo alle vicende è magicamente sospesa fra il sogno e la realtà, fra allucinazioni infauste e fantasmi fin troppo concreti, e la musica della premiata ditta Mercy-Banchero si muove agilmente tra i vicoli male illuminati di Trastevere e i corridoi delle antiche dimore patrizie.
Le tastiere di Agostino Tavella giocano un ruolo di primissimo piano nella partita che Il Segno Del Comando intavola con la morte e gli spettri di un passato che sgomita per riemergere. La title track ci fa precipitare fra gli stessi incubi che hanno attanagliato Forster, fra donne velate, simboli alchemici e amuleti; il prog di scuola italiana, denso di una tecnica che da orpello si trasforma in vero e proprio fulcro narrativo, è la base su cui Banchero lavora mischiando, proprio come un alchimista, gli echi gotici già sperimentati coi Malombra e lo spirito immaginifico di act storici come Jacula, Antonius Rex e Goblin. Grandi nomi della scuola dell’occult rock di casa nostra, che propiziano anche il pezzo strumentale “Salmo XVII Di Baldassarre Vitali o ‘Della Doppia Morte’” e la meravigliosa “Messaggero Di Pietra”, un crescendo sul quale irrompe la personalissima voce di Mercy, declamatoria ma versatile quanto basta. “Ritratto Di Donna Velata (Lord Byron’s Night Promenade)” fa tirare un po’ il fiato prima di quel lugubre affresco che è “Missa Nigra”, viaggione ai limiti del lisergico che si avvita su se stesso e ci scaraventa nel flusso di allucinata disperazione di “La Taverna Dell’Angelo”. Uno dei luoghi cardine attorno ai quali ruota la storia di D’Anza, la “Taverna…” funge da setting ideale per sviluppare tutte le idee musicali di Banchero e compagni, che qui danno davvero libero sfogo alla loro psichedelica interpretazione delle suggestioni della Roma più esoterica e nascosta. I sintetizzatori di “Ghost Lovers In Villa Piuma”, il cui titolo si riferisce a una palazzina infestata di Genova, chiudono momentaneamente le danze, perché questa ristampa include anche l’onirismo jazzato di “Magia Postuma”, brano registrato in realtà prima che iniziasse la sessione che ha consegnato quest’album a, si spera, imperitura memoria.
Chiunque si fosse perso Il Segno Del Comando all’epoca, per ragioni anagrafiche o di qualsiasi altro tipo, ha finalmente l’occasione di recuperarlo in versione rimasterizzata e arricchita. Che il segno dello Strix Aluco resti con voi e con voi rimanga sempre.