IMPLORE – Alienated Despair
Gli Implore sono una scheggia impazzita. Al terzo disco in quattro anni il quartetto tedesco non è più una novità, soprattutto considerato che Alienated Despair è già il secondo lavoro nientemeno che su Century Media.
La cosa che più sorprende degli Implore è come riescano a rendere tutto terribilmente urgente, come malgrado la quantità di materiale pubblicato tutto quello che rientra nei loro dischi suoni sentito e assolutamente necessario. Certo, i lavori targati Century lasciano un po’ perplessi per quanto riguarda la produzione dei generi più estremi, a volte poco personale e troppo asettica (un’impressione peraltro avuta già proprio con un’altra band death tedesca in tempi recenti, i Deserted Fear), e anche nel caso di Alienated Despair a tratti pare che gli strumenti siano stati compressi un po’ troppo. Nonostante questo però il risultato finale è un sound sporco il giusto, che per 31 minuti trascina il malcapitato in un vortice di riff, grida sguaiate e porcherie di vario genere e tipo.
Come i loro compaesani Ancst, anche gli Implore non sono di umore troppo arzillo, e anzi rispetto al collettivo berlinese i ragazzi di Century Media si dedicano meno al sociale e più alla pura e semplice disperazione, pur se non mancano un paio di pezzi particolarmente critici nei confronti della società moderna. In particolare “All Is Not Lost Is Long Forgotten”, ma anche e soprattutto “Never Again” sono un neanche troppo criptico messaggio di rifiuto nei confronti dell’occidente, delle nuove destre e dei totalitarismi moderni («Wolves from the east / Planting the seeds / The threat to my liberties / (…) For one arm a thousand fists»). In tutta questa roba che urla a pieni polmoni Trap Them e Disfear a ogni nota non poteva certo mancare il nostro prezzemolino svedese preferito: proprio su “Never Again” arriva a urlare il caro vecchio Tompa, e siamo tutti più felici. Poco altro da dire, se non che il fatto che una major si interessi a proposte di questo tipo lascia ben sperare per il futuro del grind, del crust e anche per l’estinzione dell’umanità, che prima arriva e meglio è.
Alienated Despair è stato composto di getto ad aprile di questo stesso anno, è stato registrato il mese successivo, e a meno di sei mesi di distanza siamo già qui a parlarne. Persino i ringraziamenti nel libretto sembrano scritti a novecento all’ora: «grazie ai nostri amici, alle band con cui abbiamo suonato e a chi ci ha supportato finora, sapete chi siete» e nient’altro. Non certo un lavoro rifinito e concettuale, non certo canzoni per chi è in cerca di ascolti complessi e impegnativi, ma un canzoniere di malessere e rifiuto da sparare a tutto volume senza pensarci su. E si salvi chi può.