INFESTUS – Thrypsis
Nato come trio dedito a un black metal vecchia scuola piuttosto canonico, Infestus è diventato dal 2010 il pargolo maligno del solo Andras. Ossessionato dalla morte, il buon tedesco ha deciso di dedicare il suo percorso artistico (di cui abbiamo già parlato sulle nostre pagine) a sviscerarla in tutte le sue fasi e declinazioni, mescolando filosofia spicciola e biochimica nelle liriche e inglobando, sul piano musicale, elementi death, -core e progressive.
Spalmare un’ossessione su quattro album (il debutto Worshiping Times Of Old è paradossalmente più variegato, dal punto di vista tematico) non è semplice: richiede fantasia, talento creativo e, sulla lunga distanza, possiamo azzardarci a dire che Andras pare averli esauriti. La forma e l’estetica — nel senso più letterale possibile dei termini — vengono soddisfatte con precisione costruttiva, ma il campo d’azione del Nostro non è l’industria automobilistica, non è una catena di montaggio, bensì la musica e, quindi, l’arte. Spiace ritrovare in Thrypsis (la frantumazione delle ossa) grossomodo gli stessi difetti che caratterizzavano The Reflecting Void (2014, Debemur Morti Productions): su tutti quell’impressione di trovarci di fronte a una vetrina in cui Andras mette in mostra la sua abilità tecnica nel destreggiarsi, più che egregiamente, con tutti gli strumenti, batteria in primis.
I brani di Thrypsis sembrano nascere da un algoritmo più che da una mente umana, perché propongono pedissequamente la stessa ossatura, lo stesso pattern: sono prevedibili. La limpidezza dei suoni e l’alta qualità di registrazione e produzione non fanno che amplificare la mancanza di spunti originali in fase di scrittura; i quasi cinquanta minuti di quest’ultimo lavoro scorrono infatti senza che niente resti davvero impresso nella memoria, tra blast beat e midtempo, tra arpeggi trasognati e sfuriate post-metal. Non ci sono pezzi che spiccano più di altri, l’album è di un’uniformità ai limiti del patologico e non mi sento di dire che, accorciandolo, si sarebbero ottenuti migliori risultati, poiché il problema è la ripetitività strutturale: riguarda i muri portanti più che la metratura.
La musica di Thrypsis manca di mordente, è vittima della routine e di un autore che si sta inesorabilmente avvitando su se stesso. Ciò che ad Andras può giovare più di ogni altra cosa è uscire da questo circolo vizioso, dalla serialità che lo imprigiona; magari battere meno strade, ma batterle meglio e coinvolgere qualcun altro nel processo creativo, che sappia fornire occasioni di confronto e di crescita.