INNER ODYSSEY – The Void
Quando ho ascoltato gli Inner Odyssey per la prima volta sono rimasto molto sorpreso: con un’estrema semplicità compositiva e una delicatezza fuori dal comune, erano riusciti a farmi innamorare al primo ascolto di Ascension. Il quintetto canadese è infatti figlio di quel rock progressivo degli anni 70, rivisto in chiave Flower Kings o Neal Morse, che sa giocare con grande sagacia tra melodie acustiche e situazioni passionali, anche grazie all’ottima espressività del cantante Étienne Doyon.
In quanto terza opera, The Void è un disco che comincia a richiedere una piccola trasformazione e in effetti gli Inner Odyssey reagiscono a modo. Esempio ne è subito “Overhanging”: un brano molto più elettronico e distorto rispetto al solito, che ammetto mi abbia spiazzato abbastanza, ma in maniera positiva. Considerando che il tema del disco è il vuoto (un vuoto metaforico) applicato alla vita di tutti i giorni, parte integrante della nostra routine, con i suoi effetti di riverbero e le ritmiche ipnotiche “Overhanging” mi è sembrata quasi quel momento di lucidità super partes, quasi la quiete prima della tempesta. Per di più, lo stesso brano è quello meno affine allo stile del gruppo canadese (insieme a “Nemesis”), che viene invece subito ricordato nel groove di “The Reckoning”, o nella sublime “Into The Void”, dove Étienne tocca livelli di delicatezza unici. La prova del gruppo è comunque superlativa in ogni sua parte: per quanto io abbia amato Ascension, la sua ripetizione sonora e tematica lo rendeva meno fresco; al contrario The Void è molto più vario, alternando una ballata quale “Don’t Walk Away” (probabilmente il brano che meno mi ha convinto) a schizzi di genio come “Endgame” (simpaticissima canzone sulla vita da MMORPG), in cui tutti i membri del gruppo hanno il loro momento per esprimersi e riescono magnificamente.
Se proprio devo trovare il pelo nell’uovo, non ho apprezzato tantissimo il libretto e la confezione del disco, forse un po’ troppo poveri e onestamente meno ispirati rispetto ai bei disegni di Ascension; ma questo è un gusto puramente personale, anche perché poi la scelta cromatica per parlare del vuoto è peculiare eppure interessante. E soprattutto, non bisogna dimenticarsi che si tratta di un’opera interamente autoprodotta, che tuttavia riesce a offrire un livello di qualità sonora assolutamente professionale. Può essere presto quindi per parlare di album della maturità, però non ho alcun problema a promuovere ancora con grande piacere l’estro creativo e la bravura degli Inner Odyssey: non solo The Void è un disco che riesce a fare un passo avanti rispetto al precedente, ma dimostra una buona ricerca di novità e un’eccezionale performance del gruppo. Dal canto mio non posso che ringraziare i ragazzi canadesi e fargli i miei più sinceri complimenti!