INSOMNIUM – Anno 1696
Quando realtà e fantasia si fondono per creare un universo forse non accurato, ma plausibile. Il XVII secolo in Finlandia e Scandinavia è stato tumultuoso e costellato di momenti oscuri, a partire dalle carestie passando per i processi per stregoneria, per finire a voci a proposito di cannibalismo e stragi di bambini. Questo è lo scenario che Niilo Sevänen, voce, basso e autore di molti dei testi degli Insomnium, ha utilizzato per scrivere un breve racconto dal quale è emerso poi il concept per Anno 1696. La stessa cosa accadde in effetti anche per Winter’s Gate, anch’esso basato su un racconto del bassista-cantante.
La fonte principale di ispirazione per il disco, il nono nella ventennale carriera dei finlandesi, sono gli assai poco legittimi ma realmente accaduti processi per stregoneria della parrocchia di Torsåker, nella Svezia del 1675. Si tratta della più massiccia serie di processi della storia svedese, culminati con l’esecuzione di settantuno persone in un singolo giorno: sessantacinque donne e sei uomini furono prima decapitati e poi bruciati sul rogo, dopo aver estorto confessioni ad alcuni bambini del posto con svariate minacce e anche violenza fisica, tra cui l’immersione nelle acque gelide del lago o la frusta. Le vittime furono uccise lontane dai roghi per evitare che il sangue versato rendesse impossibile l’accensione del fuoco, e sembra che furono i loro stessi familiari a portarceli di peso. Furono alcune delle parrocchie locali a decidere del destino di queste persone, cosa che non sarebbe mai dovuta accadere poiché era necessario l’intervento della corte suprema, che non fu nemmeno consultata. Praticamente uno spargimento di sangue innocente mostruoso, malvagio e anche tristemente inutile.
Questo è lo scenario che dà vita alle vicende di Anno 1696, in cui sembra non esserci traccia di speranza né ottimismo, perché l’epilogo della caccia alle streghe lo conosciamo già ed è purtroppo quasi sempre lo stesso un po’ in tutta Europa. Nel disco gli Insomnium parlano in effetti di una donna in particolare, che sembra arrivi a sacrificare la sua vita per quella di suo figlio.
Quello che sicuramente troviamo nell’opera è invece l’inconfondibile stile che caratterizza gli Insomnium dagli esordi, in cui arpeggi melodici si intersecano con un melodic death metal che negli anni è diventato sempre più tagliente, arricchendosi di sezioni in cui le influenze black metal sono evidentissime. Ne sono esempio i blast beat di “1696”, anticipati da atmosfere prettamente folk scandite da percussioni pagane, così come “White Christ”, in cui appare come ospite Sakis Tolis dei Rotting Christ, e la traccia conclusiva “The Rapids” che suggella la discesa dell’essere umano nell’abisso, nella speranza del perdono divino.
Apprezzabilissimi anche i brani in cui la melodia si pone come elemento predominante, in particolar modo “The Unrest”, una ballata dal gusto dolceamaro e uno dei pezzi del disco che preferisco. Degna di nota anche la presenza di Johanna Kurkela come ospite nella traccia numero tre, “Godforsaken”, che aumenta considerevolmente il contrasto tra dolcezza e asprezza. Non serve inoltre essere chitarristi o musicisti per rendersi conto della maestria di Vanhala, Liimatainen e Friman, che creano un tappeto di accordi che ti arriva in faccia ora con prepotenza, ora con delicatezza.
Quello del concept album sembra un formato che si presta moltissimo allo stile compositivo degli Insomnium e Anno 1696 è, senza mezzi termini, un successo su tutti i fronti. I finlandesi si mantengono fedeli al melodic death metal che è il loro marchio di fabbrica, ma si mostrano propensi a osare e a inserire sonorità proposte meno di frequente, forse con cautela però anche con decisione, come abbiamo avuto modo di notare già con il lavoro precedente Heart Like A Grave. La vena creativa degli Insomnium sembra non volerne sapere di esaurirsi o perdere colpi anche dopo vent’anni, il che ovviamente promette benissimo per le decadi a venire. Mentre aspettiamo possiamo certamente, anche solo ascoltando Anno 1696, scegliere di rendere catarticamente omaggio alle vittime di quella che fu crudeltà inaudita e priva di senso.