INVERTED MIND – Three Faces Of Madness (A Drama In Three Acts)
Polacchi e attivi ormai da una decina d’anni, gli Inverted Mind sono in tre, ma picchiano come se fossero in dieci. Tre sono anche gli album partoriti ad oggi dal gruppo, con l’ultimo Three Faces Of Madness (A Drama In Three Acts) articolato in (chi l’avrebbe mai detto?) tre parti, rispettivamente intitolate Anger, Psychosis e Grief, a loro volta divise in tre pezzi ciascuna. E forse il tre è davvero il numero perfetto, dato l’incredibile potenziale distruttivo che il trio di Cracovia riesce a sviluppare in questo nuovo disco.
Se il concept di Three Faces Of Madness si rivela piuttosto semplice da afferrare, la sfaccettatura della trama musicale può non essere altrettanto immediata da catalogare. La bandiera issata sull’albero maestro di “Ship To Nowhere” è senz’altro quella del post-metal più disperato e scuro, impossibile da non associare agli Amenra. Sebbene le vette di disagio esplorate dal gruppo belga siano quasi irraggiungibili per qualunque altro mortale, gli Inverted Mind sanno senz’altro come evocare quelle stesse sensazioni di soffocamento, desolazione, dolore e rabbia. E non è solamente merito di quei riff giganteschi grondanti malessere e delle urla laceranti molto vicine a certo hardcore, influenza ben evidente nelle successive “Goblet Of Fury e “Rising Anger”: il vero asso nella manica di un disco del genere è la capacità di avvolgere completamente l’ascoltatore in una nube tempestosa dalla quale quest’ultimo non sarà mai più in grado di uscire.
Nella parte centrale dedicata alla psicosi, infatti, gli Inverted Mind mettono parzialmente in secondo piano le influenze post-, facendo risaltare tratti tipici di un più atmosferico sludge-doom, plumbeo, rarefatto e ipnotico. L’andamento musicale risulta meno definibile e più sfaccettato, ben adattandosi alla componente concettuale: i tempi sono più dilatati, i riff estremamente massicci — a volte ruvidi (“Despair”) e in altri momenti semplicemente densi come la pece (“Discrepancy”) — e infarciti di arrangiamenti alienanti. In questo atto di Three Faces Of Madness le atmosfere disturbate sono in effetti alla base di uno stile che potrebbe essere descritto quasi come una fusione tra certi Neurosis, i Cult Of Luna e i Celtic Frost di Monotheist.
In allineamento con il concept, in pezzi come “When The Fire No Longer Heats” e “What If”, facenti parte dell’ultimo atto dedicato al più profondo dolore, riprendono abbondantemente piede le influenze riconducenti agli Amenra e a quel tipo di sofferente calderone post-metal. Il trio polacco spazza via del tutto quei pochi brandelli di lucidità mentale rimasti all’ascoltatore, trasportandolo con “Nothing Left” in un vortice infinito di male di vivere e disperazione allo stato quintessenziale. Gli Inverted Mind mescolano atmosfere densissime con melodie dilanianti e riff così grossi, pesanti e devastanti che non rimarrà altro da fare che prostrarsi in posizione fetale, lasciarsi divorare dallo sconforto e attendere che la morte porti un po’ di sollievo a un’anima ormai annientata.
Three Faces Of Madness è a tutti gli effetti un album enorme, tanto distruttivo e lacerante che non ci si stanca mai di ascoltarlo. Senza troppi giri di parole, gli Inverted Mind hanno composto un lavoro di caratura superiore alla media; un disco in grado a ogni passaggio nello stereo di mettere in luce nuove sfumature di una follia che gli amanti delle messe officiate da Colin H. Van Eeckhout e soci hanno ormai imparato ad amare incondizionatamente.