JOHN BASSETT – Unearth
Gruppo: | John Bassett |
Titolo: | Unearth |
Anno: | 2014 |
Provenienza: | Inghilterra |
Etichetta: | Stereohead Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 46:00 |
John Bassett è senza ombra di dubbio un personaggio fuori dall'ordinario: il polistrumentista inglese, guida della progressive rock band Kingbathmath con la quale ha realizzato tra gli altri "Truth Button" e "Overcoming The Monster", non si ferma un attimo e — dopo aver rilasciato sette album dal 2003 a oggi — trova il tempo di dedicarsi anche al suo progetto solista, al debutto con "Unearth".
L'artista in questione sa bene come e dove vuole andare a parare: ascoltando la sua musica è inevitabile, seppur accada solamente in alcune circostanze, percepire rimandi a quanto prodotto con il suo gruppo; la versione però che ne viene fornita in quest'occasione risulta essere ancor più delicata, malinconica e intimista, decisa ad affrontare una ricerca morale che si promette di discutere temi tutt'altro che leggeri, utilizzando sonorità decisamente morbide, in cui la chitarra acustica e la voce la fanno da padrone, frequentemente accompagnate da soluzioni ritmiche minimaliste.
Per l'ennesima volta Bassett si pone a muso duro in direzione di una società che tende a isolare, manipolare e normalizzare, appiattendo la vita, non scagliandole contro veementi bordate, ma ammaliandola con dolci spirali melodiche. Immaginatevi idealmente di frullare i Beatles melanconici, il fascino silente di Nick Drake, l'eleganza di Gilmour e la magia di certi Genesis e di Steven Wilson con i suoi Porcupine Tree e avrete solo un paio di indizi che vi renderanno forse più facile entrare in contatto col disco.
"Unearth" è uno spogliarsi emotivo completo: con questo lavoro il musicista britannico ha confezionato una prestazione caratterizzata da un'elevata maturità compositiva e da un considerevole spessore qualitativo; è un album che incanta sia nei momenti maggiormente vicini al mondo progressivo contaminato d'aura pop ("Survival Rate"), sia in quelli in cui fanno capolino le sembianze folcloristiche ("Nothing Sacred") e le derive jazz (lo strumentale "Kylerhea"), dimostrando sempre e comunque di riuscire a mantenere integra la sua seducente e fruibile voglia di comunicare con l'ascoltatore.
La musica di John crea una tranquilla oasi mentale nella quale potersi rifugiare e riflettere con serenità, una sorta di angolo di paradiso in cui i problemi vengono snocciolati amichevolmente, perdendo così parte del peso che li rende tali: chissà se, abitandolo con assiduità, non si riesca pure a trovar loro una soluzione personale. Per raggiungerla dovrete però gustarvi ripetutamente "Unearth" e credo proprio si possa affrontare questo adorabile sacrificio: è uno di quei casi in cui il gioco vale la candela.