JOHN, THE VOID – II
I John, The Void sono una bella realtà del pordenonese giunta al primo album, intitolato semplicemente II, dopo un EP autoprodotto risalente al 2014. Il gruppo fa parte di un collettivo di cui effettivamente non si sa molto, il cosiddetto Ghost City Collective, che ci sta però abituando a una serie di uscite di un certo livello. Questo II non è da meno: lo stile si assesta su un Post-Metal frammisto a Sludge, interpretato in maniera eccellente e che tanto deve ai mostri sacri del genere (come non pensare ai grandissimi Cult Of Luna?), capace di trasportare l’ascoltatore al di fuori della sfera uditiva per generare nella sua mente scenari e paesaggi claustrofobici e pesanti, caratterizzati da un’atmosfera distopica in cui non vorremmo trovarci a vivere.
Il ritorno dei Nostri è uno di quelli in grande stile: la durata dell’opera è decisamente più elevata rispetto al debutto e gli oltre cinquanta minuti di musica ci raccontano la storia del protagonista, John Void, il quale vive in una società a cavallo tra Neon Genesis Evangelion e Ghost In The Shell, con il sottoscritto che ricollega i suddetti scenari sonori al capolavoro che risponde al titolo di Blade Runner. Void si trova alienato in un mondo governato da uomo e macchina in simbiosi, un mondo in cui rimane vittima di sogni disturbati e disturbanti, di allucinazioni e prese di coscienza improvvise. Lo spazio-tempo assume dimensioni relative nel momento in cui egli si rende conto, a metà del percorso, di non far parte di quella realtà neanche fisicamente, oltre che psicologicamente (in un richiamo diretto a una delle tracce presenti sull’EP). Tuttavia, la situazione è ormai irreversibile e John si ritrova ciclicamente vittima delle sue paure, in un mondo che gli è estraneo e in cui è costretto a ricordare e dimenticare in un susseguirsi di epifanie e conseguenti passaggi di spugna che lo riportano allo stato di angoscia iniziale.
Musicalmente, il disco ricrea alla perfezione le sensazioni del protagonista: ritmiche pesanti, lente ma non troppo, trasmettono un senso di angoscia e oppressione all’ascoltatore, complice la durata dei brani che, tre volte su cinque, supera i dieci minuti di durata. Le chitarre sono corpose e nere come la pece, e addirittura assumono dei toni piuttosto alienanti perfettamente in linea con il resto, come in “Neon Forest”. Come già detto, lo stile è altamente cinematico, tanto da riuscire a immaginarsi le scene di un ipotetico film sci-fi durante l’ascolto: ci si imbatte spesso, infatti, in tappeti di sonorità elettroniche dilatate ideali per questo scopo, come l’intera “Obscurae Terrae” o sezioni sparse un po’ ovunque lungo le tracce. La disperazione nei testi urlati, nelle parole di un uomo intrappolato in un sistema non suo, è il tocco finale per un album omogeneo nella sua variabilità, che mantiene alto il livello di tensione dalla prima all’ultima nota.
In definitiva, i John, The Void dimostrano di saperci fare e di trovarsi a proprio agio in questo pantano di melma che risulta difficile staccarsi di dosso. La lezione impartita dai colossi del genere è stata assimilata in ogni sua parte e declinata in maniera ineccepibile, in maniera tale da fare da perfetto contrappeso alla storia raccontata.