JUGGERNAUT – Neuroteque
Gruppo: | Juggernaut |
Titolo: | Neuroteque |
Anno: | 2019 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Subsound Records |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
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DURATA: | 42:25 |
Sono passati tanti, tanti anni, ma se la memoria non mi inganna ho avuto il piacere di beccare i romani Juggernaut dal vivo al Traffic Live Club giusto poco prima che uscisse il loro secondo lavoro, Trama!. Il disco di debutto risale invece al 2009, si intitola …Where Mountains Walk ed è caratterizzato da uno sludge-post-metal assai crudo e aggressivo, ragion per cui le melodie più eclettiche e ricchissime delle influenze più varie che troviamo qualche anno dopo (nel 2014, a esser precisi) in Trama! mettono una distanza netta e decisa dai Juggernaut degli esordi. Infatti, ricordo di essermi chiesta più volte se avessi a che fare con la stessa band.
Con Neuroteque l’evoluzione del quartetto continua e si assesta, almeno per il momento perché in futuro chi lo sa, su territori squisitamente sofisticati. Va detto che si tratta di un disco interamente strumentale, come lo era del resto già Trama!, e mi trovo costretta a specificare di avere non poche difficoltà a schiaffarlo sotto un genere unico, quindi, se vi piace catalogare a tutti i costi, potreste non apprezzare appieno questo lavoro. Vi consiglio comunque di provarci lo stesso, non si può mai dire.
I Juggernaut si definiscono «instrumental post-hardcore», ma anche «cinematic sludge», e mi trovo a preferire quest’ultima etichetta, perché per capirne appieno il significato è assolutamente necessario ascoltare Neuroteque più e più volte. L’album evoca scenari mentali vividissimi, come guardare una pellicola, e la bellezza di questa forza visiva è che ciò che vedo io assai difficilmente corrisponderà in maniera esatta a quello che potrete vedere voi: è un’esperienza cangiante, una creatura multiforme che a ogni accordo si spinge verso suoni e stili diversi, suonando un po’ jazz, un po’ prog, un po’ post-metal, un po’ shoegaze. In contesti del genere basta un mezzo passo falso per creare un pasticcio, invece la fluidità con cui scorre Neuroteque è quanto di più naturale possibile. A ogni ascolto sbucano scenari nuovi, si colgono particolari che prima non avevamo notato e anche l’enigmatica copertina inizia ad assumere vari significati.
Il disco è un fascio di cervellotiche idee racchiuse nello stesso posto ed ecco che neuroteca diventa un termine azzeccatissimo. Estrapolare e descrivere i singoli brani sarebbe, in tutta onestà, una perdita di tempo; sarebbe come sottrarre fotogrammi a caso a una pellicola, finendo per smontarla e privarla del suo potere unitario, quindi mi limito a segnalare i tre pezzi che maggiormente mi sono rimasti scolpiti nel cervello: “Astor”, “Ipnonauta” e “Charade”, che per puro caso vengono giusto uno dopo l’altro.
I Juggernaut di Neuroteque sono assai diversi da quelli che ricordo e — si sa — quando un’artista intraprende una strada differente da quella battuta c’è sempre un po’ di sconcerto iniziale, tuttavia in qualche modo questa evoluzione suona non solo spontanea, ma anche necessaria. Non vi aspettate di comprendere Neuroteque al primo ascolto, perché probabilmente coglierete giusto un decimo del suo significato: aprite la mente, mettetelo in loop per almeno due o tre volte e vi assicuro che vi farete i meglio film.