KANASHIMI – 闇歌 Yamiuta
Il 2023 si è aperto, tra le altre cose, con una bella notizia per gli amanti del DSBM che guardano oltre i confini europei alla ricerca di novità dolceamare. Dopo averne presentato il primissimo Romantik Suicide all’epoca dei festeggiamenti del nostro decimo anno di attività, accogliamo a braccia aperte — e lamette alla mano — il nuovo lavoro di Kanashimi, intitolato Yamiuta. La creatura di O. Misanthropy ne ha fatta di strada in questi quindici anni e, pur non avendo mai raggiunto una posizione apicale nel mondo del depressive black, merita decisamente di essere rispolverata da parte di chi, dopo un ascolto frugale, può averla archiviata mal giudicandola.
Sei tracce, poco più di quaranta minuti, la consueta strabordante depressione. Così il fantasma giapponese che si nasconde dietro lo pseudonimo di O. Misanthropy ha deciso di tornare alla ribalta con il terzo album della sua carriera, a sei anni dal precedente Inori. Se niente si sa ancora di chi sia l’oni che porta avanti la baracca, una cosa è certa: questo teatrino è tra i migliori in circolazione. Il depressive black di cui è alfiere il nipponico è rimasto immutato dagli esordi. Tutto è ancora lento al limite del funereo, la nebbia non sembra essersi dissipata all’orizzonte e il dolce, romantico malessere del 2009 è ancora lì. A essersi evoluta, nella ricetta di Kanashimi, è la produzione.
Ispirato come sul finire degli anni Dieci, il giapponese è riuscito a confezionare un altro disco di melodie funebri fatte black metal con la delicatezza con cui un mastro piegatore realizza origami. “The Funeral Song” si presenta da sola anche a chi non ne comprende il testo, ma “Samidare” e “Yamiuta”, ad esempio, nascondono dietro gli ideogrammi una triste ode alla pioggia di prima estate e un canto all’oscurità estremamente raffinati. Bpm controllati, riff concentrici, evoluzioni lente ed estremamente eleganti: è su queste basi che O. Misanthropy declama le sue liriche in voce distorta e gutturale, adagiandosi su tastiere e distorsioni con naturale livore. E infine sull’ultima traccia di Yamiuta troviamo la sorpresa definitiva: all’interno della ballata “Lullaby” — perché di una sorta di ballata si tratta — compare l’unico ospite dell’album, vale a dire Dmytro Eugenovich Marchenko, anche noto come Crying Orc, il plurirattristato signor Këkht Aräkh.
C’è tanta disperazione in Yamiuta e tanto, concreto dolore. Dal suo debutto a oggi, Kanashimi ha fatto molta strada e la sua collaborazione con la tedesca Talheim Records sembra proseguire sotto il migliore degli auspici. L’augurio è che il nome del progetto cresca quanto meriti perché, a occhio e croce, il terzo album di O. Misanthropy potrebbe finire tra i preferiti del 2023 non solo degli amanti del DSBM ma anche degli appassionati di atmospheric black e di chi sta esplorando il sottobosco giapponese.