KAOS INDIA – Kaos India
Gruppo: | Kaos India |
Titolo: | Kaos India |
Anno: | 2012 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Autoprodotto |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 31:56 |
Anacronisticamente bello, è questo che inizialmente mi sento di asserire su un ascolto come i Kaos India. Il quartetto composto da Mattia Camurri (voce e chitarra), Vincenzo Moreo (basso), Francesco Sireno (chitarra solista) e Marco Della Casa (batteria) sembra essere rimasto incantevolmente intrappolato in quel periodo anni Novanta che fece grande la piovosa e melancolica Seattle, o almeno questo è ciò che in parte si cela dietro la musica di un ep che in quasi trentadue minuti offre una prestazione accattivante e varia a livello umorale.
La partenza con il doppio colpo affidato alle cure di "Moment For Breakfast" e "Passenger Seat" proietta nella mia mente visioni di Alice In Chains o forse più ricollegabili a quei Mad Season di "Above" che univano la passionalità sofferente di Staley con l'esecuzione anche scarna ma efficacissima di elementi provenienti dagli Screaming Trees (Mr. Mark Lanegan e Barrett Martin, John Baker Saunders, fondatore del progetto e anche lui finito male in una spirale discendente legata all'uso di stupefacenti), e Mike McCready, chitarrista dei Temple Of The Dog e dei Pearl Jam, quest'ultimi sembrano essere l'altra papabile influenza nel suono di questi pezzi.
Perché poche righe più in su parlavo del suono di Seattle come solo una parte della combinazione? I motivi sono tanti, prendendo a esempio in considerazione "Fading Past Song", eccentrica e sognante, una piacevole reminiscenza doorsiana fa la propria comparsa mentre il finale progressivo condito da ritmiche funky con un tocco di psichedelia floydiana regala una divagazione decisamente inattesa.
Il tragitto intrapreso è però di buon auspicio per ciò che ascolteremo nelle due tracce a seguire. Con "Inside Me" la reimmersione nel mondo grigio e intriso di malinconia del grunge riprende forma, le sonorità sono leggere, ma riflessive e i Pearl Jam tornano a esserne partecipi, mentre la conclusiva "Seize The Day" partendo in quarta come potrebbe fare un pezzo dei vecchi Red Hot Chili Peppers, con quel basso dominante, scalpitante e un assolo coinvolgente, si tramuta in un viaggio onirico nel quale il flavour delle soluzioni alla Pink Floyd fa pesare la propria essenza.
Per comporre della buona musica non si deve per forza essere dei geni "alternativi" o chissà quale inventore del caso, si necessita però di passione, voglia di esprimersi e un minimo di cognizione sul come proporre tale espressione, qualità che ai Kaos India non mancano.
"Kaos India" è rock né più, né meno di questo, ha i suoi difetti come ogni prima prova, non brillerà per originalità, ma suona davvero bene e questo è già un motivo più che valido per fare la conoscenza dei Kaos India.