KLEPTOCRAZIA – Kleptocrazia
In apparenza universi separati, il mondo del punk e quello del metal hanno molti più punti di contatto di quanto ci si possa aspettare. Nel corso dei decenni, infatti, numerose sono state le occasioni di compenetrazione e reciproca influenza, dal grindcore al crossover di fine anni Ottanta, passando per le cover di Undisputed Attitude degli Slayer o di Atavistic Black Disorder dei Mayhem, giusto per citare i primi due dischi che mi sono venuti in mente. Non deve quindi sorprendere se anche i Kleptocrazia, giovane formazione romana di cui presentiamo l’omonimo debutto, abbiano deciso di mescolare i due generi.
All’interno del gruppo milita il bassista Ruben dei Rotten Crows, progetto black metal di cui abbiamo recentemente recensito The Other Part Of The Sky. Il quartetto prende il suo nome dal termine cleptocrazia, letteralmente governo del furto, e per estensione il vocabolo viene utilizzato per indicare l’uso del potere politico per massimizzare il profitto personale. Nei testi di Kleptocrazia traspare una profonda rabbia, unita a risentimento e disillusione, tanto nei confronti del potere, quanto verso una umanità sempre più alienata nella sua rincorsa al profitto e al successo.
Tali sensazioni vengono trasposte con successo in musica. Nelle cinque tracce dell’ep i Nostri coniugano la furiosa urgenza comunicativa del punk hardcore con atmosfere cupe e malinconiche che strizzano l’occhio al post-metal, in un continuo gioco tra improvvise sfuriate e momenti più lenti e ponderati. Le melodie in “Osservandoli Dal Dirupo”, inoltre, mi ricordano certo DSBM scandinavo opportunamente accelerato, mentre in “I Lumi Della Polvere” l’uso estensivo del growl sembra voler sfociare nel grind.
A colpirmi in maniera particolarmente favorevole è stata l’altissima qualità del suono, tutt’altro che scontata in un lavoro autoprodotto, che permette di apprezzare a fondo ogni passaggio del disco. Il merito è da ascriversi ai 16th Cellar Studios di Roma e a Stefano Morabito, responsabile del lavoro di postproduzione per formazioni del calibro di Fractal Generator e Hideous Divinity. Già soltanto questo dovrebbe dimostrare la serietà di intenti dei Kleptocrazia.
Pur durando soltanto un quarto d’ora, Kleptocrazia è in grado di darci un assaggio del potenziale del quartetto romano e per quel che mi riguarda il giudizio è più che positivo. Ammetto di essere rimasto un po’ stranito al primo impatto, ma già dal secondo ascolto sono riuscito ad apprezzare i cinque brani che, oltre a funzionare bene, risultano anche piuttosto interessanti. Bravi ragazzi.