KRAKÓW – amaran
Gruppo: | Kraków |
Titolo: | amaran |
Anno: | 2015 |
Provenienza: | Norvegia |
Etichetta: | Dark Essence Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 44:10 |
«Ti è piaciuto il nuovo album dei Kraków?»: a una simile domanda la mia risposta al momento potrebbe essere solo «Nì». A tre anni di distanza dalla pubblicazione di quel lavoro interessante e appagante intitolato "diin", rivedo comparire il gruppo norvegese con il terzo parto "amaran". A essere sincero, mi aspettavo un ulteriore passo in avanti in direzione di quella miscela eterogenea ma ben assortita fatta di viaggioni psichedelici settantiani e post-metal, abilmente integrati in un percorso le cui estremizzazioni e diluizioni di suono ne favorivano lo sviluppo. Se l'idea in parte sembra essere rimasta la stessa, il risultato ottenuto non l'ho trovato altrettanto allettante.
Gli Scandinavi hanno preso una piega decisamente meno pesante e pressante, dove le atmosfere, le soluzioni dissonanti, l'evoluzione melodica e il cantato hanno subito un trattamento snellente, del quale non ho ben capito la motivazione. Ascoltando le prime due tracce in scaletta ("Luminatus" e "Atom"), diviene estremamente chiaro il fatto che la componente estrema — punto di forza nel diversificare i pezzi e garantire quell'instabilità coinvolgente e trascinante a livello umorale — sia stata praticamente riposta in un cantuccio, a favore di un ammorbidimento spettrale, melancolico e grigiastro a cui manca però profondità.
La profondità prova a farsi strada insieme all'intento di costruire tunnel ambientali scuri e contorti tipici del recente passato all'interno della breve "Genesis" (che parte in quarta e nel momento in cui dovrebbe esplodere invece finisce per implodere su se stessa), nei tratti più aspri e ruvidi contenuti in "Vitriol", nell'incedere circolare e ossessivo che caratterizza "Pendulum" e "Ten Silent Circles", e nel rumoroso quanto sconnesso cammino di "Of Earth". Nonostante tutto però non avviene quel cambio di passo sperato.
Il problema di "amaran" risiede infatti nella carenza di forza e dinamismo di una proposta volutamente denudata di tali doti e incapace di sfruttare completamente le idee messe a disposizione, lasciando così all'ascoltatore un paio di buone onde psichedeliche da cavalcare, una serie sparuta di fraseggi ispirati e un'ottima produzione (ancora una volta affidata a Iver Sandøy), elementi che non giustificano una prestazione dall'animo sconnesso e poco incisivo.
Non dubito che l'album in questione riesca comunque a trovare una fascia di fruitori da attrarre, soprattutto se affascinati da situazioni in cui i suoni minimali la fanno da padrone. Rimango però dubbioso sulla direzione stilistica intrapresa dai Kraków, una realtà che per il sottoscritto è passata dal ricoprire il ruolo di mattatrice a quello degradato di occasionale accompagnamento. E trovo che ciò sia realmente un peccato.