LADY BEAST – Lady Beast
La Infernö Records del buon Fab continua a supportare realtà che in tempi recenti hanno prodotto primi lavori passati inosservati o quasi per un motivo o per l'altro e fa decisamente bene dato che sinora ha riportato a galla delle più che discrete prove. Questa volta è il turno degli statunitensi Lady Beast — band nella quale dietro al microfono risiede la carismatica Deborah Levine — vedersi ristampato il debutto eponimo al quale è stata aggiunta in qualità di traccia bonus la cover di "Ram It Down" degli inossidabili Judas Priest.
La parola d'ordine è heavy metal: il quintetto di Pittsburgh non perde tempo in tecnicismi o nella ricerca di fronzoli, mettendo sul piatto della bilancia otto composizioni schiette e genuine. Le melodie e l'impostazione rimandano ovviamente a più e più realtà stranote che non vale la pena nemmeno nominare per l'ennesima volta, ciò che ci interessa è che i pezzi funzionano, dato che brani come "Metal Rules", "The Lost Boys" e "Birthrite" soddisfano pienamente la richiesta di metallo. A questi tre episodi si potrebbero aggiungere anche "Lady Beast" e "Go For The Bait", se non avessero bisogno di un po' per carburare a dovere.
Il disco si mantiene sempre più che dignitosamente al di sopra della classica sufficienza e la prestazione non fa registrare sbavature o indecisioni tali da minarne la solidità: la fase ritmica del riffato nella quale si destreggiano i due chitarristi Twiz e Tommy Kinnett è discreta, così come gli assoli di quest'ultimo; il duo motore con Greg Colaizzi al basso e Adam Ramage alla batteria dona corposità al tutto; anche Deborah dietro al microfono offre il suo efficace supporto.
I Lady Beast suonano in maniera tradizionale e come primo passo questo lavoro eponimo è decisamente positivo: il loro è un album dedicato agli appassionati nostalgici di quegli anni Ottanta che sono la base del mondo Metal ed è a essi che ne raccomando l'ascolto.