MALEVOLENT CREATION – In Cold Blood
I Malevolent Creation, parto della mente unica e sola del chitarrista Phil Fasciana, hanno sicuramente raccolto molto meno di quanto potessero. L’artista statunitense ne ha segnato le sorti da sempre, facendoli vivere — anche tuttora — in una continua instabilità, sia per ciò che concerne i membri chiamati a farne parte, sia per quanto riguarda la produzione discografica qualitativamente altalenante. La parte iniziale di carriera si è rivelata ottima e per il sottoscritto il poker di uscite della prima metà degli anni Novanta composto da The Ten Commandments (1991), Retribution (1992), Stillborn (1993) ed Eternal (1995) ha ben poco da invidiare ad altri nomi tirati in ballo con maggior insistenza. Le fasi successive però si sono mostrate sin troppo discontinue e tutt’altro che memorabili, tanto che ritengo Will To Kill l’ultimo disco dei Floridiani veramente valido, datato ormai 2002.
Volendo stilare un ipotetico podio discografico, una volta assegnata quasi senza ombra di dubbio la medaglia d’oro al debutto e quella d’argento al suo diretto successore, si potrebbe aprire un dibattito alquanto combattuto per ciò che riguarda il bronzo. A eccezione dei restanti due album citati, i candidati alla sua conquista sarebbero anche capitoli quali Envenomed (2000) e In Cold Blood (1997). Personalmente quest’ultimo lavoro avrebbe il mio voto di preferenza.
In quella specifica occasione Fasciana confermò in formazione il solo Jason Blachowiz (Divine Empire), nel doppio ruolo di bassista e cantante, mentre gli ingressi di Jon Paul Soars (Divine Empire) alla seconda chitarra e Derek Roddy (Hate Eternal) dietro le pelli completarono i ranghi. La struttura della band fu quindi messa alla prova dall’ennesima nuova accoppiata di asce e da un assetto ritmico arrembante e ancora più roccioso e spigoloso rispetto ai precedenti, ma sfruttando l’ottima vena compositiva di Phil, il possente vocione di Jason, la propensione all’attacco diretto e un approccio col genere classico e incentrato sulla potenza il complesso si dimostrò in grado di consegnare una serie di efferate pugnalate scagliate a sangue freddo e tutte da godere.
I Malevolent Creation aggredivano l’ascoltatore, mantenendo spesso alto il numero di giri al motore (“Nocturnal Overlord”, “Compulsive”, “Violated”, “Leech”, Visions Of Malace” e “Millions”), trovando comunque il modo di sfruttare la pesantezza dei tempi medi in stile macigno, che andavano a esempio a fornire di groove la traccia che porta il titolo del disco posta a metà scaletta. In generale optavano comunque per affondare i colpi con continuità, attraverso l’uso di soluzioni dirette.
In Cold Blood è uno di quei titoli dei quali è difficile lamentarsi: qualcuno potrebbe tirare in ballo la compattezza in alcuni frangenti eccessiva, difatti una maggiore varietà non avrebbe guastato; oppure obbiettare che l’impostazione delle linee vocali di Blachowiz sia meno versatile rispetto a quella di Hoffmann, ma oserei dire che è perfetta per la direzione intrapresa dalla band; altri ancora lamentare la carenza di assoli, che lascia un tantino l’amaro in bocca, ed effettivamente questa forse sarebbe l’unica obiezione realmente comprensibile. Il muro di suono eretto, la buonissima produzione dei Morrisound Studios e quell’aura inossidabilmente death metal che ammanta il trascorrere dei minuti ne fanno tuttavia un acquisto immancabile e una vetta che i Malevolent Creation ahimè non vedono più da molto, troppo tempo.