MALOKARPATAN – Krupinské Ohne
Direttamente da Bratislava, gli slovacchi Malokarpatan tornano con la loro strana fusione di heavy e black metal intrisa di folklore locale e occultismo: Krupinské Ohne (fuochi di Krupina) è un concept album basato sulla stregoneria e, in particolar modo, su alcuni avvenimenti accaduti nella cittadina di Krupina, nel Sud della Slovacchia. Nel XVII secolo, Krupina era la sede di un gruppo di streghe che operava in segreto terrorizzando gli abitanti del posto, fino a che la Santa Inquisizione (la Slovacchia faceva parte del Sacro Romano Impero) non se ne accorse e fece il suo lavoro, epurando una volta per tutte la cittadina da ogni eresia.
Attivi dal 2015, i Malokarpatan hanno esordito con Stridžie Dni per poi continuare con l’ottimo Nordkarpatenland, dopo il quale la formazione slovacca è stata rimaneggiata: fuori il vecchio vocalist, rimpiazzato dall’allora chitarrista HV Von Krolok, a sua volta sostituito dalla new entry Aldaron (già attivo, insieme al batterista Miroslav Slavfist, negli Algor). Il cambiamento di lineup ha dato nuova linfa vitale ai Nostri che, alla loro terza fatica in studio, compiono un notevole salto in avanti in termini di songwriting e di produzione rispetto al passato.
Krupinské Ohne racconta la crescita, l’ascesa e la condanna a morte di una congrega di streghe slovacche (la cui storia è tratta dal libro del 1979 Krupinské Prísne Právo): la musica è stata scritta prendendo ispirazione dai testi e cercando di evocarne le sinistre atmosfere, attraverso un’attenta cura compositiva, dei suoni — basti pensare al riverbero applicato alla voce cavernosa di Von Krolok — e alla scelta di mantenere un cantato in madrelingua, come i quasi conterranei Master’s Hammer insegnano.
Definire il suono di Krupinské Ohne non è facile: se nei due dischi precedenti i Malokarpatan erano facilmente definibili come heavy metal con notevoli influssi black, in cui i riff più old school erano conditi da qualche blast beat e da un cantato in screaming, qui il ventaglio di influenze si fa ben più ampio: gli inserti folk e acustici si fanno sentire più che mai, ma non costituiscono una grande novità rispetto al passato; quello che differenzia Krupinské Ohne dai due dischi precedenti sono i massicci richiami anni ’70, fatti di inserti di organo Moog e assoli zeppeliniani.
Il disco è davvero eterogeneo: andiamo dalle atmosfere in stile Hammerheart della prima traccia, tutte cori e riff epici, a brani più tradizionalmente heavy, fino a sforare nel progressive rock settantiano, in particolare su “Na Černém Kuoni Sme Lítali Firmamentem”, in cui un lungo intermezzo di synth e chitarra acustica strizza l’occhio ai migliori Rush, e nell’introduzione del pezzo successivo, che ricorda molto le colonne sonore dell’era d’oro di Dario Argento firmate da Claudio Simonetti.
Krupinské Ohne ha la straordinaria capacità di evocare tempi e luoghi remoti, facendo letteralmente viaggiare l’ascoltatore pur mantenendone viva l’attenzione attraverso l’originalità e la varietà della musica, naturale emanazione dei testi e non semplice accompagnatrice. Con il loro terzo album, i Malokarpatan hanno dimostrato di saper superare le difficoltà che i cambi di lineup possono rappresentare, riuscendo a reinventarsi senza perdere il cammino tracciato in precedenza, ma arricchendo la propria proposta musicale e lirica.
«Remember their bequest
And carry ye on the torch of Pan: the terrifying flame of knowing
Which was handed to humankind at the dawn of time»