MEGATTERA – Origo
Gruppo: | Megattera |
Titolo: | Origo |
Anno: | 2013 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Killerpool Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 38:40 |
L'elettronica italiana sa spesso regalare piccole gemme, opere di assoluto livello che sovente, per il solo fatto di essere prodotte in un paese (non me ne vogliate) antico e fossilizzato come l'Italia, non riescono a ottenere la visibilità che meriterebbero. I Megattera non fanno eccezione e anzi incarnano perfettamente il concetto sopra espresso: "Origo" è un disco che se fosse stato rilasciato in Inghilterra o negli Stati Uniti, paesi in cui frequentemente l'apice di popolarità è raggiunto anche da opere decisamente mediocri, avrebbe sicuramente avuto una risonanza maggiore (e non è escluso che non possa averla in futuro, sia chiaro) fin da subito.
"Origo", come si sarà velatamente intuito, mediocre non è, tutt'altro. "Origo" è un disco completo, ben composto e ben congeniato nei suoi passaggi, ricco d'atmosfera. Risulta evidente fin dall'apertura "Nebula" il tentativo di voler scavare nelle più oscure profondità elettroniche, creando una pasta sonora che, pur mantenendo una forte identità e originalità, prende a piene mani dai Daft Punk più recenti (quelli da colonna sonora, per intenderci) e non disdegna gli insegnamenti del trip hop di derivazione Massive Attack, mescolando il tutto con sonorità riconducibili all'industrial. Nello specifico in "Nebula" avrei gradito un beat più incisivo e cupo, ma son dettagli. Il viaggio è iniziato, il decollo è stato lento, tuttavia lo spazio profondo ormai si apre davanti ai nostri occhi, e soprattutto nelle nostre orecchie.
"La Lunga Attesa" è un brano sospeso, molte sono le sue pause di riflessione, pause che (come il titolo lascia supporre) non portano mai a una reale esplosione del brano, quanto piuttosto a un arricchimento progressivo del sound con sintetizzatori zanzarosi e altri minimalismi elettronici. "La Fine Del Perdono" è invece una traccia più aggressiva, in cui l'industrial torna a farsi sentire prepotentemente, mentre "Vorago" (nomen omen) getta l'ascoltatore in un vortice di bassi profondissimi e campionature fastidiosamente distorte. Il pezzo ritrova la melodia nella sua seconda metà, e presenta un finale in cui si percepisce con forza l'origine post-rock del progetto Megattera.
"Io/Re" scorre via senza intoppi, forse senza aggiungere nulla di nuovo al disco, ma sono comunque assai pregevoli i suoi repentini cambi d'atmosfera e, nella seconda metà, il ritmo quasi dubstep che porta a un finale in cui nuovi abissi strumentali inghiottiscono l'ascoltatore. Si giunge quindi alla chiusura dell'album, "Grande Inverno", uno dei brani migliori in assoluto: i bassi s'intrecciano con melodie dissonanti per poi aprirsi in una sezione melodica e profondamente malinconica che porta al gran finale, un azzeccato connubio fra sintetizzatori e ritmiche che sfuma in un ultimo onirico affresco sonoro.
Promossi con merito.